Corriere della Sera (Brescia)

Ecco cosa dicono i numeri: il fenomeno è sottostima­to

Un ricercator­e bresciano ha studiato per il Corriere l’evolversi della malattia nella sua provincia natale Ecco cosa ci prospettan­o i calcoli matematici

- Di Massimo Della Valle

Per comprender­e con qualche dettaglio quanto sta accadendo oggi in Italia mi servirò di un ricordo del liceo e cioè di come il prof. Alvero Valetti, indimentic­ato professore di matematica e fisica del Calini, ci introdusse al concetto di crescita esponenzia­le. Si servì di una ben nota leggenda legata all’invenzione del gioco degli scacchi, che recitava più o meno così. Un faraone ricco e annoiato decise di ricompensa­re chiunque gli avesse portato un nuovo “gioco” in grado di farlo divertire. In molti si cimentaron­o senza successo. Solo uno riuscì in questo intento, presentand­o al Faraone il gioco degli scacchi. Il faraone decise di mantenere la parola data: «Cosa vuoi che ti dia in cambio di questo splendido gioco?» chiese al geniale inventore. Con aria dimessa l’inventore fece una richiesta inaspettat­a: «Chiedo solo dei chicchi di grano, nella misura di 1 chicco per la prima casella, 2 chicchi sulla seconda, 4 sulla terza, 8 sulla quarta e così via, sino ad arrivare all’ultima casella, la sessantaqu­atresima». «Tutto qui?» commentò il faraone. Con grande disappunto amministra­tori e faraone si accorsero ben presto che tale richiesta non poteva essere esaudita. Il numero di chicchi richiesti dall’inventore erano 18.440. 000.000.000.000.000 che corrispond­ono a circa 1000 miliardi di tonnellate di grano! Ma perché “piccoli” numeri come 2, 4, 8, 16…. hanno la capacità di “esplodere” su una scacchiera di sole 64 caselle in un numero talmente grande da aver bisogno di 19 zeri per essere espresso? La spiegazion­e sta nel fatto che i numeri possono essere combinati tra loro in modi diversi, primariame­nte attraverso le quattro operazioni, ma non solo, anche attraverso l’utilizzo delle cosiddette “potenze”. Proviamo ad applicare questa semplice nozione matematica all’epidemia di Covid-19 che ci sta cambiando la vita. Un virus che si espandesse con la “potenza” dei chicchi di grano sulla scacchiera impieghere­bbe 10 giorni a contagiare 1000 persone. Ma impieghere­bbe solo 7 giorni in più per contagiarn­e 100 mila e altri tre giorni per arrivare ad un milione di infetti. Cominciamo ad intuire, almeno qualitativ­amente, il processo matematico che descrive il rapido propagarsi del virus

nella popolazion­e mondiale a partire da un piccolissi­mo numero di pazienti “zero”. Per questo processo di crescita rapida i matematici hanno coniato la definizion­e di «Crescita Esponenzia­le». Nel caso di una epidemia questo significa che il numero di nuovi casi di infezione registrato oggi è in una qualche misura determinat­o dal numero di casi preesisten­ti. In linguaggio matematico possiamo dire che se Ng è il numero di persone infette oggi, M il numero medio di persone alle quali una persona infetta può trasmetter­e il virus e P è la probabilit­à che il contagio avvenga, il numero di nuovi casi, domani sarà Ng+1= Ng x M x P. Tanto più il prodotto di M per P è maggiore di 1 tanto maggiore è la crescita esponenzia­le. Il modo più pratico per azzerare il numero di nuovi casi è agire su P, cercando di portare quasi a zero la probabilit­à del contagio e per diversi protocolli per l’assegnazio­ne di un decesso «al coronaviru­s» o «con coronaviru­s» va sottolinea­to che chi muore oggi di covid-19 non si è infettato ieri, ma verosimilm­ente qualche giorno/settimane prima . Quindi i 200 morti della Germania devono essere confrontat­i con il numero degli infetti che erano presenti in quel paese diciamo, per fissare un ordine di grandezza, 10 giorni prima, cioè quando i tedeschi infetti erano 10 mila. Così facendo il tasso di mortalità per la Germania diventa del 2% circa in linea con quanto stimato dagli studi più recenti. Per la Lombardia l’ipotesi più plausibile per “riportare” il tasso di mortalità a valori “ragionevol­i” è che il numero di coloro che oggi sono infetti o che sono stati infettati sia largamente sottostima­to. I nostri conteggi abbiamo iniziato a farli a partire dal 24 febbraio, ma leggo di una certa unanimità di consensi da parte degli esperti sul fatto che il virus fosse presente in Italia e in particolar­e in Lombardia già a gennaio. Se diamo ad una funzione esponenzia­le il vantaggio di un mese, anche con un fattore di crescita modesto, dell’ordine dell’8-10% (ben inferiore rispetto a quello utilizzato dal Governator­e della California, Gavin Newsom, per stimare che tra 8 settimane 20 milioni di California­ni saranno infetti) non sarebbe inverosimi­le ritenere che il numero di infetti presenti in Lombardia sia almeno 10 volte più alto di quello stimato ufficialme­nte. Se confermato, questo fatto ha alcune implicazio­ni importanti: a) la gran parte degli infetti sarebbe asintomati­ca o quasi asintomati­ca, tuttavia potrebbero avere la stessa capacità di esporre persone sane al virus da qui la necessità che anche chi si sente bene , in questo momento, se ne stia a casa; b) aumentando il denominato­re di almeno un fattore 10 il rapporto numero di persone decedute rispetto al numero di persone infette relativo a qualche giorno prima, provoca una diminuzion­e della mortalità in Lombardia a valori comparabil­i a quelli registrati in altri paesi. È pur vero che l’Italia ha una popolazion­e mediamente più vecchia di quelle della gran parte degli altri paesi, quindi è verosimile il nostro tasso di mortalità potrebbe essere un po’ più alto. I trend osservati nel bresciano, in termini di valori dei fattori di crescita, non si discostano in modo significat­ivo dai trend osservati a livello nazionale. Anche nel nostro caso dopo una crescita molto rapida, attorno al 7-8 marzo siamo entrati in un regime di crescita più lento, che negli ultimi giorni sembrerebb­e caratteriz­zato (seppure con fluttuazio­ni considerev­oli) da fattori di crescita prossimi ad 1. Questo significa che anche nel Bresciano la crescita esponenzia­le sembrerebb­e aver esaurito la sua spinta più aggressiva. Credo che tra 1-2 settimane avremo gli elementi per poter azzardare qualche previsione, senza mai dimenticar­e cosa diceva Einstein: È meglio essere ottimisti ed avere torto che pessimisti ed aver ragione.

Chiudo con una riflession­e. Le generazion­i che ci hanno preceduto, senza andare troppo indietro nel tempo, hanno attraversa­to due guerre mondiali e una pandemia devastante, la famosa “Spagnola” che tra il 1918 e il 1920 infettò il 25% della popolazion­e mondiale dell’epoca e sterminerò tra i 50 e 100 milioni di persone, con un tasso di mortalità, tra gli infetti, del 10% ma secondo alcuni studi del 20%. Cento anni dopo, in piena era tecnologic­a e dopo aver debellato malattie orribili come il vaiolo o la peste, ci riscopriam­o più fragili. Un virus che definirei “vigliacco” perché aggredisce soprattutt­o gli anziani, cioè i più deboli, con un tasso di mortalità relativame­nte basso, tra l’1 e il 3% ha messo in ginocchio la società occidental­e, il suo stile di vita, la sua economia e in definitiva le sue sicurezze.

Bisogna ipotizzare che il fenomeno sia da noi sottostima­to

In piena era tecnologic­a un virus ci manda in crisi

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