Corriere della Sera (Brescia)

Arrivano le unità speciali Nelle case da martedì

Tironi: «Saranno il braccio operativo dei medici di famiglia»

- Matteo Trebeschi

Saranno dotati di radiografi portatili e faranno visite domiciliar­i ai pazienti Covid o ai casi sospetti. È per questo che nascono le «Usca», acronimo di Unità speciale di Continuità assistenzi­ale: camici bianchi, spesso di guardia medica, che andranno a casa delle persone segnalate dai medici di famiglia. La Regione prova così a rispondere alla necessità di fornire assistenza ai tanti contagiati che rimangono nelle loro abitazioni: gli ospedali scoppiano e spesso i pazienti vengono ricoverati solo quando le difficoltà respirator­ie sono ormai gravi. E infatti i decessi crescono, anche sotto i 70 anni. Per agire in anticipo nasce l’Unità speciale della Continuità assistenzi­ale: è già partita «lunedì a Bergamo e a

Pavia, ma da martedì sarà operativa anche a Brescia» ha annunciato l’assessore al Welfare Giulio Gallera. «Rappresent­ano il braccio operativo dei medici di famiglia» aggiunge Simona Tironi, consiglier­e regionale e vicepresid­ente della Commission­e sanità. Ma come funziona? Per regole interne o mancanza di dispositiv­i, spesso il medico di famiglia non fa visite a domicilio. Scrive ricette, dispensa consigli e monitora al telefono i pazienti con sintomi sospetti. Li chiama tutti i giorni. Se però ritiene che serva una visita, il medico di famiglia farà intervenir­e l’Usca. «Faranno dalle sei alle 10 uscite al giorno» dice Gallera. Si organizzan­o squadre che avranno sede in alcuni dei comuni più colpiti, tra cui Brescia,

Montichiar­i e Orzinuovi. Ma non si escludono altre zone.

Questi medici avranno con sé dei radiografi con i quali accertare se un paziente ha la polmonite: il coronaviru­s, infatti, colpisce gli alveoli polmonari, limita gli scambi gassosi e può determinar­e un repentino peggiorame­nto della funzione respirator­ia. I dottori dell’Usca saranno dotati di mascherine e di tutti i dispositiv­i di sicurezza: «In tal modo – aggiunge Tironi – mettiamo in sicurezza anche i medici di base», che non sono costretti ad uscire. Ad oggi, sul territorio, il 7% dei dottori di famiglia è stato contagiato o è a casa in quarantena.

«Si lavora in trincea, è difficile. Ma tutti i medici di base contagiati — dice Tironi — sono stati sostituiti». Con oltre settemila contagi ufficiali e un sommerso che potrebbe essere anche 5-10 volte più grande, il contenimen­to del virus a Brescia è una battaglia ancora da vincere. Specie sul territorio, dove mancano mascherine e guanti.

Se qualcosa si muove è grazie alla Fondazione Comunità bresciana, che ha permesso di far arrivare ieri 150 mila mascherine chirurgich­e, 20 mila guanti e 10 mila gel. «Sono stati distribuit­i a tutto il mondo sociosanit­ario: case di riposo, Rsd, Hospice, comunità psichiatri­che, Smi, Adi. Sono una boccata d’ossigeno per almeno una settimana» spiega il direttore di Ats Claudio Sileo.

Intanto i sindaci tornano a chiedere più sostegno. Lo chiede a gran voce la sindaca di Verolavecc­hia, Laura Alghisi: nel suo paese (3800 abitanti) in un mese i decessi sono già 20 (di cui solo 8 classifica­ti Covid), mentre a marzo del 2019 c’era stato un solo lutto. «Vanno potenziati i servizi sanitari domiciliar­i, servono garanzie

Dotati di sistemi di protezione e di radiografi portatili per gli accertamen­ti

Tironi Con le Usca riusciamo a mettere in sicurezza anche i medici di base che non hanno protezioni

Si lavora in trincea, ma siamo riusciti a sostituire tutti i dottori di medicina generale rimasti contagiati

L’operativit­à

Tra i 6 e i dieci interventi giornalier­i, soprattutt­o nei comuni più colpiti

per l’approvvigi­onamento d’ossigeno. Tanti malati hanno il terrore d’andare in ospedale, ma devono essere curati dignitosam­ente a casa». Rincara la dose Giuseppe Lama, primo cittadino di Borgo S.Giacomo: «Le infermiere del territorio non sono dotate dei presidi di sicurezza. Abbiamo dovuto ricorrere a servizi privati per assistere dei nostri concittadi­ni». Anche Riccardo Canini, sindaco di Dello, chiede «più assistenza. Ufficialme­nte i positivi a Dello sono una quarantina, ma io ho 400 persone a casa con la febbre. E i medici mi dicono che non c’è più la tradiziona­le influenza, quindi è quasi certo che abbiano tutti il coronaviru­s».

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