Corriere della Sera (Brescia)

Ora c’è bisogno di gentilezza

Eugenio Finardi, tra i promotori del video a sostegno dei precari dello spettacolo, fa il punto sull’oggi e il futuro che ci aspetta

- Raffaella Oliva

«Si può vivere anche a Milano nel cuore della città, c’è tanta gente in giro per le strade, c’è tanta elettricit­à». Così cantava Eugenio Finardi nel 1977: l’album era «Diesel», e lui un 25enne che sognava di cambiare il mondo. Mai avrebbe immaginato che un giorno la sua città sarebbe finita in quarantena. «Mi viene in mente un mio brano, “Mezzaluna”, scritto nel ’91, durante la prima Guerra del Golfo», racconta. «Ai tempi mi ero rifugiato in Valle d’Aosta perché sembrava dovesse scoppiare il terzo conflitto mondiale e ora eccoci isolati per colpa di un virus». Non è solo l’epidemia a preoccupar­lo, ci sono anche i 200 mila lavoratori intermitte­nti dello spettacolo, tra artisti e tecnici, esclusi (per ora) dal decreto «Cura Italia». Da qui un video lanciato sul web dallo stesso Finardi con colleghi quali Manuel Agnelli, Fiorella Mannoia e Daniele Silvestri, per sostenere la petizione promossa dalla Fondazione Centro Studi Doc con l’hashtag #nessunoesc­luso: la richiesta è l’introduzio­ne di ammortizza­tori sociali per i precari del mondo dell’intratteni­mento. «Musicisti, agenti, attori, fonici, coreografi… Figure prive di protezione che non possono essere dimenticat­e».

Come sta vivendo questi giorni di isolamento?

«Sto scrivendo canzoni e imparando a registrare a distanza. Ho un pezzo che vorrei far uscire a breve, un richiamo d’aiuto. Per il resto sto a casa con moglie, figlia, suocera e cagnetta. E cucino: ieri filetto di maiale in crosta! Sono un

Cantautore

A destra, Eugenio Finardi, classe 1952, milanese. Ha 18 album all’attivo che includono canzoni passate alla storia come «Musica ribelle», «La radio» ed «Extraterre­stre». A sinistra, dall’alto, Fiorella Mannoia e Manuel Agnelli privilegia­to, abito in zona San Siro, ho molto verde attorno. Non oso pensare come si possa stare in certi appartamen­ti di periferia dove si vive in tanti in pochi metri quadri».

Nel 2014 in «Cadere sognare» attaccava gli «ideologi cresciuti alla Bocconi» e con il liberismo. Oggi i nemici sono gli stessi?

«Sì, certamente: il liberismo ha concentrat­o troppe risorse nelle mani di pochissimi. Ora servirà una ristruttur­azione del sistema che tenga conto anche del pericolo pandemie: all’economia di mercato che punta solo al profitto non conviene, ma ormai è chiaro che va ripensato il mondo. Riduciamo i soldi per le guerre tra uomini e usiamoli contro i virus. Se penso al lavoro da eroi che stanno svolgendo i nostri medici non posso che dire che in futuro dovremo valorizzar­e l’impegno di queste persone. Ho un amico medico che opera a Bergamo: rischia molto, la preoccupaz­ione è tanta».

Come si è arrivati a questo punto?

«Si è data la priorità al consumo insensato, ci si è fatti risucchiar­e da un’economia che crea bisogni di cose inutili e in più inquina. Ma non mi piace nemmeno la mentalità secondo cui se un evento non attira migliaia di persone non esiste; questa voglia di numeri enormi e di folle è assurda. Chissà che questa frenata non ci faccia riflettere su questa smania di crescita continua, spaventosa e devastante».

Avendo vissuto la stagione delle radio libere sarà felice di sapere che in questo periodo gli ascolti radiofonic­i stanno crescendo.

«Perché la radio offre la rilassatez­za dell’intimità e quella

«Va ripensato il mondo. Riduciamo i soldi per le guerre tra gli uomini e usiamoli contro i virus»

La quarantena

«Sto scrivendo canzoni e imparando a registrare a distanza E cucino: ieri filetto di maiale in crosta»

della distanza. È nell’etere, è nell’aria, eppure è vicina. Offre la possibilit­à di interagire, ma al contrario dei social media non permette di reagire istantanea­mente. È un mezzo gentile e mai come ora abbiamo bisogno di gentilezza, di educazione. Ci sono tanti anziani che stanno morendo, io stesso sono a rischio e se da un lato sono fatalista, dall’altro vedo l’epidemia come una mareggiata che si sta portando via interi pezzi di memoria. Questo mi fa soffrire».

Si considera ancora un anarchico?

«Sì, perché ho visto come il potere cambia la gente. E dato che i potenti ci saranno sempre, ci sarà sempre bisogno di qualcuno che dica che sono nudi».

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