Corriere della Sera (Brescia)

«Le tre cose per cui vale la pena vivere»

L’attore racconta le sue giornate tra scrittura, riflession­i, svaghi e tentativi di bricolage «La primavera, le parole crociate e un cappuccino con brioche. Ma per questo dovrò aspettare»

- di Walter Leonardi

Mi sveglio senza sveglia. La sveglia la metto solo quando ho appuntamen­ti, non ho appuntamen­ti da più di tre o quattro settimane per ovvie ragioni di Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (Dpcm), causa emergenza coronaviru­s. Esco sul terrazzino della camera. In strada uno che corre: «Dagli all’untore!», penso subito. Poi lo riconosco. È il mio vicino, fa l’infermiere al Sacco, corre per prendere l’autobus. «Siamo tutti con voi!», grido.

Vado in bagno a lavarmi le mani — che poi mi sono appena svegliato, cosa avrò mai toccato? —, visto che l’ultima cosa che faccio prima di dormire è lavarmi le mani, ma la tele dice che è importante e io, cresciuto con «Happy Days» e «Mr. Fantasy», faccio sempre quello che mi dice la Tv. Mentre sorseggio un caffè della moka mischiato a latte freddo, sogno cappuccino e brioche del bar, per me una delle cose per cui vale la pena vivere, che non faccio da più di tre o quattro settimane per ovvi motivi di Dpcm. Mi scende una lacrima, mi commuovo? No, ho un’iperlacrim­azione mattutina, dovuta forse alla troppa tele vista negli anni.

Mi siedo alla scrivania, accendo il computer, faccio smart working, che poi io lo faccio da sempre, ma non lo sapevo si chiamasse così. Mi sento un trend leader! Quello che devo fare: scrivere. Sto scrivendo il mio nuovo spettacolo teatrale. La storia di tre amici dalla caduta del muro di Berlino a oggi, la storia minuscola che si intreccia con la Storia maiuscola. «Mi sono messo in una cosa più grande di me», penso, «ma perché non la smetti di crederti più colto di quello che sei? Dovresti scrivere storielle che facciano ridere e invece ti viene questa voglia di fare il grande». Mi parte così un pensiero sull’inutilità del mio lavoro, le varie volte che il successo mi ha bussato alla porta e io l’ho snobbato sogghignan­do di spalle. Penso a tutti i miei fallimenti: amori, figli, scuola, perché non mi sono laureato, perché non ho fatto il classico come Federico? Federico! Non lo vedo da più di tre o quattro settimane per ovvi motivi di Dpcm. Lo chiamo. Non risponde. Devo scrivere. Facebook. Dovrei fare un post ruffiano per aumentare i miei follower. Fb è vecchio, meglio Instagram. Vedo una foto di una casa bellissima. Che poi io sono da sei mesi in questa casa, la prima di proprietà e non ho ancora la libreria. L’armadio e il tavolo me li hanno prestati. Google: tavoli usati in legno. Fanno schifo! Me lo faccio io col parquet avanzato.

Scendo in cantina, il parquet è in cima allo scaffale. Bello questo scaffale, potrei usarlo come libreria! Prendo le misure. Anche la cantina è molto bella, potrei verniciarl­a e usarla come ufficio o come cabina armadio, ma forse è troppo. Decido di andare a comprare il colore. Ah già, non si può uscire da tre o quattro settimane per ovvi motivi di Dpcm. Risalgo. Il frigorifer­o non è mai stato così pieno. Mangio un’insalata, mangiare sano aumenta le difese immunitari­e. Ho ancora fame, mangio quattro Mars. Caffè, sigaretta. Devo scrivere.

Squilla il telefono. È Federico! Parliamo per un’ora. Poi faccio le parole crociate senza schema, un altro motivo per cui vale la pena vivere, ma devo cercare tutte le definizion­i sul cellulare. È giunta l’ora della mia trasmissio­ne preferita: «L’eredità», che poi, se ci pensi, sono le parole crociate

Al lavoro

«Mi alzo e faccio smart working, proprio come prima, ma non sapevo che si chiamasse così»

alla Tv. Niente. Non ho scritto. È tutto fermo, tutto rimandato. Posso scrivere anche domani, oggi te lo sei preso per riflettere, mi dico. Insinna mi consola col suo fare democristi­ano. Adesso è normale. Adesso è come un giorno normale, di una settimana normale, di una normale primavera, un’altra cosa per cui vale la pena vivere.

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Milanese Walter Leonardi (foto Pellegrini) 52 anni, è attore di teatro, cinema e Tv

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