Bertolini: Brescia quando tutto finisce ti porto l’Italia
produttività, ma ci lega un’educazione comune basata sul lavoro e sul sacrificio. Il primo sentimento, inevitabile, è stato di preoccupazione per i tanti affetti che ho lasciato. Ho chiamato il mio vecchio staff, Beppe (Cesari, il presidente) e Cristian (Peri, il direttore sportivo). Volevo sapere come stavano. Tutto il calcio italiano deve essere riconoscente a Brescia. È il momento ideale per sdebitarci».
Come?
«L’avevo già chiesto da tempo, prima che scoppiasse la pandemia. A maggior ragione ora, dopo l’idea di Roberto Mancini di organizzare — tutto lascia pensare la sede possa essere Bergamo — una partita speciale tra la nazionale e i medici, lancio la mia proposta: quando giocheremo contro la Danimarca la sfida decisiva per qualificarci all’Europeo, vorrei farlo al Rigamonti. Sarebbe doveroso. Non solo perché c’è molto di Brescia nella nostra nazionale: vogliamo esserci, portare bellezza. Una partita così importante in città darebbe gioia ed esprimerebbe riconoscenza».
Qual è il germe bresciano delle «azzurre mondiali»?
«Il dato numerico è lampante. In Francia, tra le 23 convocate, c’erano 11 giocatrici — tra cui Cristiana Girelli e Valentina Cernoia, di Nuvolera e Manerbio — che avevo allenato da voi. Il clima di inclusione è fermentato in quei cinque anni. Le ragazze erano dilettanti: hanno però creduto nella mia filosofia e ci siamo costruite quella conoscenza e quelle relazioni che non nascono in un giorno. Ricordo bene il primo raduno azzurro da me diretto. Era l’agosto del 2017, la Juventus era nata da poche settimane. Se ci siamo qualificate nel giugno 2018 per i Mondiali, lo dobbiamo in buona parte al patrimonio silenzioso e laborioso creato dalle società pioniere: Brescia, Sassari e Verona. Noi ci allenavamo già al pomeriggio, nelle ultime
cambiare e riformare un paradigma rilanciando un calcio diverso, da ripensare seguendo la solidarietà e l’etica come principi guida. Serve un pensiero circolare. I sacrifici ci saranno per tutti, ma nessuno si salva da solo. Papa Francesco lo ha detto e ora è il nostro faro, insieme al presidente Mattarella».
Da cui siete state ricevute al Quirinale dopo i Mondiali.
«Ci riconobbe il successo sociale, la battaglia per la parità di diritti. Lui è la nostra bussola in questo momento così delicato».
Lei è stata assessore comunale e piace molto ai politici. Anche il sindaco Del Bono la celebrò più volte. Non crede però che la
la partita. Non siamo ancora al novantesimo, dobbiamo essere pronti a saper fare gol».
Come incoraggerebbe la squadra, negli spogliatoi, per vincere questa partita?
«Con le stesse parole che dico alle mie ragazze. Siamo da fosso e da riviera, se c’è da soffrire si soffre. Al Villaggio Sereno come al Mondiale in Francia».
E se servisse una canzone?
«Sentendo cantare l’inno nazionale e “Bella ciao” dai balconi mi sono commossa. Dobbiamo farci trascinare dall’idea di libertà e ricordarci il valore della solidarietà. Per questo dico alla mia Brescia: verremo da te, saremo di nuovo insieme».