Perdite economiche e stagioni da ripensare Come ripartire
Lo spettacolo deve continuare? Quella canzone dei Queen è rimasta nella strozza. Quarantena, città deserte, stand by, macabri conteggi: sono queste le parole che fanno da ritornello nei bollettini di una guerra contro il virus. I teatri sono stati tra i primi spazi pubblici a svuotarsi: cartelloni sospesi o cancellati, pesanti perdite economiche, tanto lavoro in fumo. Siamo al di là dell’inverno della cultura denunciato da Jean Clair. E non è la solita geremiade. L’incertezza del futuro pesa come un macigno, tuttavia la voglia di ricominciare non manca, perché la vita è sempre più forte. Ne parliamo con Gian Mario Bandera, direttore del Ctb, e con Umberto Angelini, sovrintendente della Fondazione Teatro Grande.
«Viviamo una situazione che va al di là di noi — ci dice Bandera —. È prematuro parlare, prima è necessario superare l’emergenza sanitaria. Allo stato delle cose, che non è pensabile una riapertura di attività prima dell’estate, anzi gli stessi appuntamenti estivi sono a rischio. Stiamo vagliando l’ipotesi di una coda di stagione a settembre in modo da mettere in scena Ecuba e Racconto d’estate, due delle nostre produzioni saltate. Poi dovrebbe partire a ottobre il nuovo programma». Il teatro pubblico ha chiesto al Ministero l’apertura dello stato di crisi. Oltre al mancato fatturato, si aggiunge l’eventuale penalizzazione ai fini della rendicontazione Fus, poiché non sono stati rispettati i parametri egli standard dell’offerta? «Stiamo negoziando una soluzione. L’ipotesi è che per il prossimo anno venga erogato lo stesso contributo del 2019, integrato da un fondo di riavviamento delle attività (da prelevare da quei famosi 130 milioni di cui parla l’ultimo decreto) in modo