Corriere della Sera (Brescia)

Aguzzini in casa Le donne faticano a chiedere aiuto

Stretti: «Consulenze a distanza. Ma le vittime hanno paura». Un protocollo con le farmacie

- di Mara Rodella

Raramente hanno a disposizio­ne una stanza «sicura» nella quale non possono essere viste o sentite. Ferite. Con quel telefonino che — se non requisito da chi fa loro del male — meglio rimanga spento il più possibile: lui potrebbe notare messaggi o chissà cos’altro che lo farebbero arrabbiare e picchiare ancora. Succede ogni giorno. E succede ancora di più ai tempi dell’isolamento sociale e della «convivenza forzata» causa coronaviru­s. Le donne maltrattat­e non chiedono aiuto. Perché spesso non hanno modo di poterlo fare. Lui, quel compagno che alza le mani o le umilia in continuazi­one, è sempre a pochi metri. Non va al lavoro e non esce con gli amici. Alla Casa delle Donne le denunce nelle ultime settimane si sono quasi dimezzate. Una ventina di chiamate alla sede di Brescia, quindici al centro antiviolen­za Chiare Acque di Salò, che fa parte della rete del Garda, solo cinque telefonate al «distaccame­nto» di Gardone Valtrompia. E nessuna segnalazio­ne dal pronto soccorso (alcune ne sono arrivate ad altri centri antiviolen­za, poche). «Una riduzione che va da un terzo fino alla metà, rispetto alla routine» conferma Piera Stretti, presidente di Casa delle Donne. Lei che continua a lavorare da casa, dove ha deviato le telefonate dalla sede, e che si confronta costanteme­nte con le collaborat­rici.

Da decreto, in questo momento difficile, tutte le prefetture sono chiamate a reperire strutture di emergenza anche per le donne (con o senza bambini) che hanno bisogno di protezione. Le quali, se allontanat­e da casa, pur asintomati­che, vanno «isolate» per evitare contagi anche solo potenziali. «Abbiamo posti anche nella nostra provincia, non vengono sottoposte a tamponi ma separate dalle altre ospiti», spiega Piera Stretti. A Salò, per esempio, già tre vittime hanno trovato accoglienz­a in questi giorni. «Addirittur­a, in un caso, sono state adottate misure di prevenzion­e nei confronti di una nostra assistente sociale». Tutte le operatrici del centro antiviolen­za sono attive «a distanza»: al telefono o via skype continuano «le consulenze psicologic­he e legali». «Ma la possibilit­à, per le signore che ne hanno bisogno, di contattarc­i o di essere contattate dagli psicoterap­euti è più difficile visto che chi le maltratta sta in casa». Per questo anche il percorso psicologic­o, che prevede più colloqui, capita si interrompa, «se non in quei casi dove la vittima era già da un famigliare o lontana dall’abitazione».

Denunciare è un problema. Non soltanto per un evidente problema logistico — «in molte situazioni le donne vivono in poche decine di metri quadri con aguzzino e figli, che non escono, quindi anche i minori sono sempre più testimoni di violenza» — ma anche perché «più di prima le vittime sono terrorizza­te dal dopo. Da cosa succederà poi, visto che noi per primi non sappiamo i tempi dell’evoluzione della pandemia e quindi della fase in cui le maglie inizierann­o ad allentarsi». Paura di non riuscire a cavarsela, di restare sole, di non avere un posto in cui andare. Oggi più di ieri. «Se già prima vedevano un futuro incerto, si immagini adesso. Senza dimenticar­e che il novanta per cento delle signore che stanno subendo violenza, magari amplificat­a dalla vicinanza forzata, l’ha già subita e sopportata in passato». Qualcuna chiama Casa delle Donne per accelerare i tempi della separazion­e, «ma le udienze sono sospese»: «Le richiamiam­o, lo faccio anch’io. E quasi sempre trovo la segreteria. Forse perché in tante tengono il telefono staccato. Per paura possa emettere un suono». E innescare la furia.

Per aiutare queste donne vittime di violenza domestica o stalking, l’ordine dei farmacisti — compreso quello bresciano

"Piera Stretti Quando richiamiam­o spesso troviamo la segreteria telefonica e i cellulari staccati

— e il governo hanno firmato un protocollo d’intesa, affinché possano denunciare in sicurezza. Nelle farmacie ci saranno materiale informativ­o e indicazion­i utili. E un nuovo numero verde a cui rivolgersi: 1522, sempre attivo. Ma «servirebbe una campagna antiviolen­za anche indirizzat­a agli uomini, in questo momento», chiude Piera.

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Donne Costrette in casa con compagni e mariti violenti hanno difficoltà a chiedere aiuto: le denunce, in questi tempi di convivenza forzata e obbligator­ia, si sono quasi dimezzate

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