Corriere della Sera (Brescia)

Il museo è una creatura viva e pulsante «Non è un luogo di polvere. Il mio pezzo preferito? Un abito del ‘700 della collezione di Mosè Bianchi»

Ilaria De Palma racconta il suo lavoro a Palazzo Morando e Palazzo Moriggia

- Francesca Bonazzoli

Il suo ufficio, in via Borgonuovo, è prestigios­o almeno quanto quello di re Giorgio. Armani, naturalmen­te. Che ha sede nell’edificio accanto. Tutte le mattine, quando Ilaria De Palma sale le scale del settecente­sco palazzo Moriggia ed entra nella sua stanza con il parquet tirato a cera, i tappeti persiani, i mobili antichi e i libri che tappezzano le pareti, prova quasi soggezione, assicura. La vittoria di un concorso per il ruolo di conservato­re l’ha catapultat­a a 35 anni, nel 2015, al timone del museo del Risorgimen­to, ospitato al piano terra, e del museo del Costume moda e immagine di Palazzo Morando di via sant’Andrea, altro luogo magico.

Consigli per chi vuole emularla nella carriera?

«Avere molta pazienza e studiare. Il requisito d’accesso per i concorsi di conservato­re è la specializz­azione post laurea, ma bisogna continuare a prepararsi su materie al di fuori della storia dell’arte. Occorre imparare a fare il bilansua cio, amministra­re un budget, acquisire nozioni di diritto pubblico per capire come funzionano gli enti locali. E più lingue si conoscono e si parlano meglio è».

Quando ha deciso che voleva lavorare nei musei?

«Molto presto, durante uno stage con Francesca Tasso al Museo di arti decorative del Castello. Fu lei a suggerirmi di iscrivermi alla scuola di specializz­azione. Intanto facevo diversi lavoretti di collaboraz­ioni. Poi ho vinto il concorso per diventare custode alla Pinacoteca di Brera dove ho lavorato quattro anni: lì, osservando il pubblico per lunghe ore, ho imparato come funzionano sicurezza e vigilanza. Adesso so dove più servono allarmi e telecamere. E capisco bene le esigenze dei custodi: forse per questo non ho problemi sindacali».

Quali sono i pezzi che più ama dei suoi musei?

«L’enorme quadro di Domenico Induno “Il bollettino della pace di Villafranc­a”: un’opera bellissima che narra la storia dal punto di vista umano attraverso le reazioni del popolo alla notizia della pace; non una battaglia. Di Palazzo Morando sono invece affezionat­a a un sontuoso abito del ’700 della collezione di Mosè Bianchi, pittore ottocentes­co che aveva una raccolta di abiti d’epoca con cui ritraeva le modelle in stile Settecento. Con quest’abito immortalò colei che divenne moglie».

Sono maggiori le difficoltà amministra­tive o quelle legate alla tutela?

«Io sento soprattutt­o il peso della responsabi­lità di tramandare al meglio, attraverso la comunicazi­one e la valorizzaz­ione, un patrimonio importanti­ssimo. Il museo deve essere una creatura viva, non un luogo di polvere. La parte amministra­tiva, invece, non è un problema: sai come sono le regole e ti ci attieni».

In questi mesi di chiusura come avviene la manutenzio­ne delle opere?

«La vigilanza è continua e io intervengo su segnalazio­ne di eventuali problemi. In vista della riapertura, cercheremo assieme ai custodi nuove soluzioni per le scolaresch­e e i gruppi».

Nei ruoli di project manager degli eventi «Leonardo mai visto» al Castello e di cocoordina­trice del palinsesto «Leonardo 500», ha notato differenze con i colleghi stranieri?

«All’estero gli organigram­mi sono molto più ampi. Ma i musei italiani riescono a ottenere lo stesso risultati eccellenti e questo ci rende orgogliosi».

Che cosa farebbe apparire con una bacchetta magica?

«Più spazi per i depositi visitabili in modo da valorizzar­e le collezioni. Sto lavorandoc­i, anche senza magie».

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Ilaria De Palma, 40 anni, alla guida del Museo del Risorgimen­to a Palazzo Moriggia e del Museo del Costume Moda e Immagine a Palazzo Morando
(foto Corner/ LaPresse) Conservatr­ice Ilaria De Palma, 40 anni, alla guida del Museo del Risorgimen­to a Palazzo Moriggia e del Museo del Costume Moda e Immagine a Palazzo Morando

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