Resta il nodo valutazioni Ravelli: «Giudizio collegiale considerando la situazione»
Barabanti: «Errore pensare che serva solo il voto»
«Non volete chiamarlo sei politico? Chiamiamolo sei pandemico, ma non mettiamoci a valutare». A dirlo è Paolo Barabanti, maestro alla scuola primaria di Adro, ricercatore a contratto in Cattolica, un dottorato di ricerca in «Valutazione dei sistemi e dei processi educativi e formativi» alle spalle. Da anni è lui che cura, un unicum o quasi a livello nazionale, il rapporto provinciale Invalsi. Di valutazione ne mastica parecchia e per questo è un po’ perplesso dal dibattito in corso su come valutare i ragazzi in questo anno scolastico anomalo. «I problemi sulla valutazione di oggi non sono legati al coronavirus, dipendono da un’idea di scuola che non si pone domande — aftate ferma —. Come valuto la preparazione di un alunno a distanza, come posso essere certo che sia lui a fare il compito e non il genitore?».
Pensa soprattutto alla scuola primaria, al primo ciclo: «C’è anche un grande problema di strumenti informatici: non tutti li hanno, non tutti li sanno usare, in tanti devono condividere un unico computer, ma di cosa parliamo quando dobbiamo star lì a decidere che voto dare a ragazzini di sette o otto anni?». L’osservazione che senza voti si demotivano i ragazzi non l’accetta: «Se pensiamo che per motivare i ragazzi a studiare serva solo il voto, abbiamo già decretato la morte della scuola».
Diverso ovviamente il discorso alle scuole superiori, dove gli studenti hanno maggiore dimestichezza con le tecnologie e dove valutare le competenze è comunque possibile, seppure a distanza. Di bocciati, come detto, non ve ne saranno, almeno nelle classi intermedie, gli eventuali debiti verranno recuperati il prossimo anno, ma la discussione su come valutare gli studenti c’è.
Ermelina Ravelli, preside in pensione da pochi mesi, figura storica del Capirola di Leno, in 40 anni ha coordinato qualche migliaio di scrutini. Il primo plauso lo vuol dare ai docenti, «che hanno lavorato in questa situazione di difficoltà». Un consiglio lo dà agli ex colleghi, ai dirigenti scolastici: «Sono stata una preside spesso trasgressiva. Mi permetto di dare un consiglio: a volte è più utile nascondere i vari manuali, i vari testi unici e sorridere, ascoltare, sostenere i nostri studenti, i nostri docenti, i genitori, tutto il personale Scolastico».
L’invito è a collaborare, a fare una valutazione veramente collegiale tenendo conto della situazione difficile. Sempre bisogna farlo, tenendo anche conto dell’extra scolastico, ma in questa occasione ancora di più». Poche cose ma buone, quindi, lavorando in coordinamento.
Un invito che rivolge anche agli studenti: «Studiate, siate curiosi, siate creativi, siate collaborativi, porgete la mano verso i più bisognosi. Aiunoi adulti ad accompagnarvi». ne ha anche per i genitori (e non pochi, sentendo alcuni presidi, sono quelli che in questi giorni chiamano le scuole per ringraziare per quanto si sta facendo): «Date fiducia e sostenete la scuola. Questo è un momento molto triste e rinsaldare il ponte con la scuola vuol dire speranza per un futuro positivo e forse più equo per la nostra società».
Equo, appunto. Ermelina Ravelli pensa a chi non ha pc o tablet, a chi vive in case piccole e in storie complicate: «Si rischia di far crescere ancor più le disuguaglianze in queste settimane. Altro che scuola come ascensore sociale». Pensa ai professionali, a quanto la didattica a distanza possa essere ancora più difficile: «Soprattutto in questi ambiti la scuola ha una grande funzione inclusiva ma oggi c’è grande sofferenza».
Ancora più preoccupata lo è pensando al prossimo futuro: «Non arriviamo impreparati al prossimo anno scolastico, utilizziamo queste settimane per una riflessione profonda su cosa dovremo fare: bisogna costruire insieme la cassetta degli attrezzi».
"Ravelli Non arriviamo impreparati al prossimo anno scolastico, ma utilizziamo queste settimane per una riflessione profonda su cosa dovremo fare