L’incognita del trend dei prezzi al consumo È l’effetto «lockdown»
Federconsumatori: difficile fare statistica oggi
L’emergenza Covid-19 ha fatto registrare un aumento dei prezzi dei beni al consumo e nella situazione emergenziale odierna in cui tutti ci troviamo prigionieri nelle nostre abitazioni questo non è foriero di buoni auspici.
Ecco dunque che cosa dobbiamo aspettarci nei prossimi mesi sui prezzi dei beni che consumiamo quotidianamente e che costituiscono la nostra maggiore consolazione e sostentamento in tempo di coronavirus. La risposta alle previsioni del futuro emerge dalla analisi degli ultimi dati nazionali Istat dei prezzi dei beni al consumo registrati nel mese di marzo 2020: l’indice nazionale dei prezzi dei prodotti fondamentali per la collettività, al lordo dei tabacchi, ha registrato nel mese di febbraio un aumento che oscilla dallo 0,1% al +0,3% rispetto al mese precedente di gennaio. I costi dei tabacchi ad esempio hanno registrato un aumento del +2,3% mentre, in misura minore, i generi alimentari registrano un incremento del +0,4%.
È noto, d’altronde, che nei periodi di emergenza e di stress emotivo le persone siano più invogliate a fumare e a riversare le proprie ansie e frustrazioni su cibo e cucina andando a determinare un’impennata dei beni di primo consumo come gli alimentari accanto a quelli per la cura della casa e della persona. Questi ultimi, in particolare, da febbraio di quest’anno hanno subìto una variazione del +0,3% per arrivare a un aumento del +1,2% nell’ultimo mese di marzo. Di questa categoria fanno parte anche i Dpi e in particolare le mascherine protettive, che sono diventate addirittura di prima necessità per la cura della salute della persona: questi dispositivi fino a qualche mese fa si acquistavano a 0,10 centesimi di euro mentre nell’ultimo periodo sono state commercializzate a un valore di prezzo ben 10 o 20 volte superiore.
L’aumento dei costi favorito dalla crisi sanitaria sta così innescando uno strano meccanismo determinato anche dalla inclinazione del consumatore a fare scorta di beni. Le famiglie stanno attraversando un periodo di fermo forzato e di isolamento e l’aggravante del graduale aumento dei prezzi al consumo di prima necessità diventa una preoccupazione ulteriore considerando l’incertezza dei salari. I dati Istat di marzo riguardo l’inclinazione al consumo rivelano una forte diminuzione dell’indice del clima di fiducia che passa da 110,9 a 101,0. Cala inoltre, da 97,8 a 81,7, l’indice sul clima di fiducia delle imprese. L’ufficio della Federconsumatori in provincia di Brescia conferma come la situazione di crisi e di emergenza purtroppo ha fermato ogni cosa: «A oggi non possiamo nemmeno affermare se i prezzi siano aumentati o diminuiti poiché non abbiamo i nostri volontari che normalmente ci riportano eventuali variazioni e Federconsumatori in questo momento delicato non può nemmeno andare a verificarli — spiega la segreteria della sede provinciale bresciana —: l’aumento o la diminuzione dei prezzi al consumo e il clima di fiducia dei consumatori bresciani nei prossimi mesi attualmente non è prevedibile».