Lo spirito di un nonno «sequestrato»
Un cardiologo, la sua famiglia e il suocero Frammenti di vita da «isolati per il virus»
La mia è una famiglia fortunata, vive in una casa col giardino, e come tutte le famiglie è blindata: così s’ha da fare, e così si fa. Con l’eccezione per chi scrive, che è medico e ogni giorno va in ospedale, e quando torna vorrebbe sentirsi abbracciare da tutti. Ma così non è. I ragazzi, in parte per scherzare, in parte no, vedendomi entrare urlano, come se incontrassero un zombie, untore per professione, mentre mia moglie saluta educatamente e al massimo mi dà una gomitata (gomito-gomito, quella in pancia me la risparmia). Per fortuna c’è lui, mio suocero, il Lino, il più buono di tutti, che però, dati gli 85 suonati, è in isolamento familiare. Quando uno è gentile è gentile, ed è l’unico infatti che mi chiede, rispettosamente e da lontano, come siano andate le cose in ospedale.
«Bene, grazie, e tu come stai?».
«Encò zornàda sero sero sette!».
Sì, perché la sua blindatura non solo significa salotto cucina camera e guai a Dio se t’avvicini, ma significa pure che la tv gli viene somministrata dai miei figli come il dottore gli prescrive i farmaci per il cuore. «Ièr, il Buono il brutto e il cattivo e Un pugno di dollari, encò tre olte Sero sero sette. En pode piò».
Poveraccio, fatta eccezione per il tg, al nonno non è data libertà di far nulla, nemmeno scegliersi il programma che vuole, preoccupati come sono per la sua salute. L’importante è quella, no? Però, quando si esagera si esagera: per esempio, da sempre il nonno ha accessi di starnuti, sei o sette di fila, che in passato producevano un coro scocciato di «E allora?!». Oggi, agli stessi starnuti, segue invece l’attivazione dell’unità di crisi: lì, sulla soglia della camera si riunisce terrorizzata l’intera famiglia, pronta a intervenire, con tanto di mascherina, occhiali da sub, guanti da chirurgo e aspirapolvere. «M’if spaentàt, che ghè sucess?» dice il nonno. «Niente, volevamo sapere come stavi!».
«So gnemò mort, se l’è per chel!».Si tenga conto che il nonno è, tra quelli di casa — lo è da sempre —, il più attento al cibo e al movimento. Ci tiene al suo diabete, ci mancherebbe. Sta però il fatto che oggi le cose cambiano, il cibo è misurato tanto quanto lo sono i movimenti, e solo il sottoscritto gli concede un bicchiere di vino, dicendo ai carcerieri: «Che male può fargli, un mezzo bicchiere?». «So io che male gli fa» rispondono a tono i miei figli, uno che fa il liceo, l’altra Lettere. Il mio ruolo di medico, cosa conta, in casa? Coronavirus o non coronavirus, niente.
Per quanto poi riguarda le passeggiate, da poco, e per buona condotta, le guardie gli concedono l’ora d’aria: eccolo quindi girare in giardino, il Lino, con mia moglie che lo veste come nemmeno Amundsen era vestito e mia figlia che lo segue a distanza, come se il nonno, amante di 007, dovesse incontrare da un momento all’altro — dietro l’acero? vicino al garage? — il capo del Kgb pronto a farlo a fette.
«Varda che me se perde mia», risponde stupito, il Lino, ma il nonno è il nonno, e quindi la risposta è: «Non si sa mai, la prudenza non è mai troppa».
Mio suocero è persona intelligente, ha quello che una volta si chiamava il cervello fino, e come il buon senso gli suggerisce di fare, fa finta di niente. «La ghe paserà, tota ste preocupasiù», mi dice mentre legge il giornale e gli si inumidiscono gli occhi nel vedere chi conosceva e non c’è più; «Me fo finta de nient, i è zuegn, i gha mia proat la guera». «Anch’io ho paura», si confida con me, che tanto tranquillo pure non sono, «ma loro hanno il panico!» e così, dice, «i lase fa, tanto la curva del contagio sta scendendo, i g’ha dit al TG1», quindi, prima o poi, «i me laserà stà. Magari turnerò a dàga fastide, che diset, Claudio?».
Poi sorride, il nonno, perché sa che non è così, sa che gli si vuole bene, che i nipoti l’adorano e la figlia è la figlia, brontola bontà. Lui, mio suocero, tutto questo lo sa perché è il più vecchio, e la vecchiaia, signori miei, non è solo un fattore di rischio.
Se ne dicono di sciocchezze, oggidì!