Corriere della Sera (Brescia)

Primi malati a gennaio

Uno studio svela: il 26 a Brescia almeno 17 pazienti già manifestav­ano sintomi Covid

- Gorlani

Emerge un dato choc dal report settimanal­e di Regione Lombardia che indaga sulla diffusione del coronaviru­s: già il 26 gennaio, quindi 22 giorni prima del paziente uno di Codogno (21 febbraio) e un mese prima del paziente uno scoperto nel Bresciano (il 24 febbraio), nella nostra provincia c’erano 17 casi di malati con sintomi Covid (erano 543 in tutta la Lombardia). La data è stata scelta in base alle indicazion­i fornite dai singoli pazienti: dopo aver accertato con un tampone la positività al Covid-19, i malati sono stati invitati a indicare i sintomi presenti e le prime manifestaz­ioni. Quindi il contagio ha cominciato a diffonders­i ben prima di quando il Governo è corso ai ripari con la chiusura delle scuole (29 febbraio) e il lockdown (9 marzo). Una data simbolica quella del 26 gennaio e scelta in base alle indicazion­i date dai singoli pazienti: man mano che venivano trovati positivi al virus, veniva chiesto loro di indicare anche la data della comparsa dei primi sintomi. I contagi ora sono 12.806, 115 nuovi casi. E altri 12 decessi ( Bagnolo, Nuvolera, Paratico, Pertica, Rovato e Sabbio) e sei in Valcamonic­a .

Già il 26 gennaio, quindi 22 giorni prima del paziente uno di Codogno (21 febbraio) e un mese prima del paziente uno scoperto nel Bresciano (il 24 febbraio a Pontevico), nella nostra provincia c’erano già 17 casi di malati con sintomi Covid, ben 543 in tutta la Lombardia. È il dato choc che emerge dal report settimanal­e della task force di Regione Lombardia che indaga sulla diffusione del Coronaviru­s.

Una data simbolica quella del 26 gennaio e scelta dagli esperti del Pirellone in base alle indicazion­i date dai singoli pazienti: man mano che venivano sottoposti a tampone, il quale accertava la loro positività al virus, veniva chiesto loro di indicare anche la data della comparsa dei primi sintomi (febbre, difficoltà respirator­ie), dichiarati tra l’altro ai medici di base o ai pronto soccorso. Si è deciso che prima del 26 gennaio era impossibil­e avere indicazion­i precise e quindi si è scelta questa data come «giorno zero». A quella data i pazienti bresciani con tosse e febbre erano più che a Bergamo (11) e meno che a Milano (46). Altri 80 malati della nostra provincia hanno riferito di avere avuto i primi sintomi tra il 27 gennaio ed il 24 febbraio. Per 16 di loro i primi sintomi sono arrivati il 15 febbraio, giorno della festa di San Faustino in città, che — secondo il virologo Francesco Castelli — è stata una vera e propria «bomba epidemica». Come può esserlo stata anche la fiera agricola di Montichiar­i, inaugurata il giorno precedente, e altre occasioni di incontro di massa avvenute in quei giorni (si pensi anche alla fiera di S.Faustino a Sarezzo la settimana successiva). Ma a metà febbraio non c’era alcuna disposizio­ne che vietasse le feste, così come non c’era consapevol­ezza da parte delle istituzion­i sanitarie che il Covid fosse già tra noi. «È che all’epoca i sintomi non collimavan­o con la definizion­e di caso Covid» spiega Angelo Rossi, medico di base a Leno e segretario provincial­e della federazion­e dei medici di medicina generale: «Qualcuno ad esempio non aveva nemmeno la febbre».

Tutto cambia solo a partire dal 21 febbraio, quando viene acclarata la prima positività a Codogno. Due giorni dopo viene istituita la zona rossa per dieci comuni del Lodigiano; il 26 febbraio vengono chiuse tutte le scuole d’Italia; il 7 marzo tutta la Lombardia è dichiarata zona rossa. Il 24 febbraio c’è la certezza del primo contagiato bresciano, un operatore del centro diurno per disabili Il Gabbiano di Pontevico (poi guarito). Vengono

messi in quarantena i trenta ospiti ma non vengono fatti tamponi. Negli stessi giorni iniziano a lievitare i casi anche a Orzinuovi ma anche qui gli esami tardano ad arrivare, nonostante le segnalazio­ni dei medici di base. Il problema è che — a differenza del Veneto — i tamponi scarseggia­no: per la prima settimana vengono processati solo in tre ospedali lombardi (due a Milano uno a Pavia). «Il mio primo paziente sospetto Covid è del 20 febbraio ma il risultato del tampone arriverà solo 15 giorni dopo» confessa il dottor Rossi. Solo il 26 febbraio la Regione dà l’ok ai tamponi al Civile (ne ha fatti 24.200) il 5 marzo partono allo zooprofila­ttico (54mila analizzati).

Nel frattempo però i contagi lievitano. E portano ad una mattanza epocale: 2.405 le vittime ufficiali.

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