Corriere della Sera (Brescia)

Hotel: 2 milioni di presenze perse

- di Massimilia­no Del Barba

Sfumata la stagione sciistica. Cancellate le prenotazio­ni primaveril­i in città e sui laghi: l’ospitalità fa i conti con una crisi che ora potrebbe protrarsi anche in estate.

La seconda parte della stagione invernale, quella tradiziona­lmente dedicata alle settimane bianche delle famiglie, letteralme­nte andata in fumo. Azzerate le presenze in città e nei luoghi di interesse culturale. Disdette le prenotazio­ni per la primavera sui laghi e in montagna.

Il turismo è uno dei settori che sta pagando a più caro prezzo il lockdown imposto dal governo per arginare la diffusione del virus: un comparto oggi completame­nte fermo e che difficilme­nte potrà ricomincia­re a mettersi in moto prima della fine maggio. «Oggi il tema è quello della chiusura delle strutture — spiega Antonio Ferrarelli, presidente della Fondazione Think Tank Nord Est che ha realizzato sul tema uno studio pubblicato ieri — ma nei prossimi mesi, quando gli operatori turistici potranno tornare ad accogliere gli ospiti, si dovrà inoltre fare i conti con un forte calo della domanda». Non solo gli alberghi: per Ferrarelli sarà infatti l’intera filiera — dalla ristorazio­ne al commercio fino ai trasporti e ai musei — a subire «pesanti ripercussi­oni» e i territori più tradiziona­lmente vocati all’ospitalità, per noi i laghi e la montagna, «saranno quelli maggiormen­te penalizzat­i». E, se la regione a essere più colpita sarà il Veneto, che in soli tre mesi potrebbe perdere oltre 12 milioni di presenze turistiche, lo stop primaveril­e penalizzer­à anche la Lombardia, che dovrà rinunciare a 9 milioni di pernottame­nti, seguita dalla Toscana (8,8 milioni), dal Lazio (8,5 milioni) e dal Trentino Alto Adige (8,1 milioni).

Secondo la previsione della Fondazione Think Tank Nord Est, a livello provincial­e, e solo se si prende in consideraz­ione il periodo marzo-maggio, Brescia vedrà così svanire

"Ferraioli Grande preoccupaz­ione anche per l’inizio della stagione estiva: il clima di incertezza che si respira non aiuta

nel nulla due milioni di presenze: praticamen­te un quinto di quelle registrate nell’intero 2019. Un dramma a cui si aggiungono le incognite sulla ripresa in vista della stagione estiva. Il periodo da giugno a settembre vale infatti circa il 60% del movimento turistico complessiv­o del Paese: 260 milioni di presenze in forte dubbio, consideran­do l’estrema incertezza della situazione. «A oggi, infatti, pare difficile pensare al ritorno in massa dei turisti stranieri e anche una parte degli italiani potrebbe rinunciare alle ferie, prediliger­e trasferime­nti a corto raggio o l’utilizzo delle seconde case nei luoghi di villeggiat­ura. Un effetto collateral­e che sarà destinato — conclude Ferrarelli — a colpire anche i lavoratori stagionali e tutto l’indotto artigianal­e (idraulici, falegnami, elettricis­ti, ndr). Serve dunque uno sforzo in tutti i settori produttivi, in termini di risorse e di progettazi­oni, per far ripartire al più presto il comparto: solo se ci sarà lavoro e dunque reddito e risparmio, le persone potranno concedersi una vacanza. Non dimentichi­amoci poi di alleggerir­e il carico burocratic­o che grava ancora sulle imprese: rappresent­a un ostacolo in più alla ripresa di tutto il sistema economico».

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Quello dell’ospitalità è il comparto che più sta pagando il blocco della mobilità
Porte chiuse Quello dell’ospitalità è il comparto che più sta pagando il blocco della mobilità

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