Accoglienza, tema controverso sia oggi che nella Bibbia
No, non sarà sufficiente quanto stiamo vivendo in queste settimane per renderci più attenti alle minoranze e ai deboli: sbarchi negati per mancanza di porti sicuri a causa del Covid19, polemiche sui social riguardo un Paese che aiuta chiunque in mare, ma non garantisce sufficiente assistenza sanitaria a chi ha sempre pagato le tasse, ci riportano bruscamente a prima che l’emergenza Covid-19 riempisse ogni pagina dei quotidiani. Il dibattito resta attuale: è preferibile una società aperta a componenti eterogenee che portano a nuove forme di convivenza o una società chiusa nella sua omogeneità? Non di rado ci si appella per sostenere le proprie ragioni alle radici ebraico-cristiane dell’accoglienza, senza soffermarsi sull’ambivalenza riguardo a essa presente nella Bibbia. È il teologo Piero Stefani a farcelo notare, in un libretto da poco pubblicato per l’editrice Morcelliana dal titolo Società chiusa e società aperta nella Bibbia, che verrà presentato in una video intervista questo pomeriggio alle 18.30 sul sito www.ccdc.it e sulle pagine Facebook «Ccdc» e «Morcelliana Scholé». Israele nel VI-V sec. a.C. sottoscrive questo patto, rivendicando la propria autonomia: ci impegniamo «a non dare le nostre figlie ai popoli della regione e a non prendere le loro figlie per i nostri figli» (Neemia 10,31), con conseguente espulsione delle spose straniere e della loro prole. E sì che è proprio il suo capostipite, Abramo, il primo straniero della storia dell’umanità, chiamato a esserlo da Dio che in lui intreccia nomadismo e benedizione. Questa tensione dialettica presente nella Bibbia secondo Stefani restituisce la complessità delle dinamiche dell’esistenza e della società, complessità di cui è meglio essere consapevoli per sapere portare avanti la propria posizione.