LE MESSE NEGATE E LA LEZIONE DEL CARDINAL FEDERIGO
Caro Tedeschi, come molti cattolici sono sconcertato che in questi momenti si pensi a riaprire tutto, dai parchi ai negozi, dai cantieri ai musei, ma nessuno si preoccupi di una cosa vitale per noi credenti: le messe. Con stima. La prego di firmarmi semplicemente
Un credente Gentile credente, la capisco. Il cattolicesimo non è una religione spiritualista, non è una fede intellettuale. Il Dio dei cristiani s’è incarnato ed è venuto a redimere tutto l’uomo. Il buon samaritano non si limita a dare buoni consigli al pellegrino bastonato sulla via di Gerico ma benda le sue ferite. A messa, chi può assume il corpo di Cristo sotto forma di pane consacrato dal sacerdote e ci si augura la pace stringendosi le mani. I sacramenti sono una sequenza di gesti in cui si unge, segna, immerge il corpo del credente. Tutto ciò premesso credo che i toni e i modi con cui la Cei ha lamentato l’omissione di un cenno alle messe nella fase 2 da parte del governo risponde a conflitti interni alle gerarchie più che a un lamento corale del popolo di Dio. Questa è una fase delicata e la prudenza non ammette deroghe. Siamo in terra manzoniana e non dovremmo mai dimenticare come il cardinal Federigo (capitolo XXXII dei Promessi sposi) replicò ai decurioni che gli chiedevano di organizzare a Milano nel pieno della peste una grande processione. «Il buon prelato rifiutò, per molte ragioni. Gli dispiaceva quella fiducia in un mezzo arbitrario e temeva che, se l’effetto non avesse corrisposto, come pure temeva, la fiducia si cambiasse in iscandolo. Temeva di più, che, se pur c’era di questi untori, la processione fosse un’occasion troppo comoda al delitto: se non ce n’era, il radunarsi tanta gente non poteva che spander sempre più il contagio: pericolo ben più reale». Quando poi Federigo si arrese e la processione di tenne, «il giorno seguente le morti crebbero, a un tal eccesso, con un salto così subitaneo, che non ci fu chi non ne vedesse la causa, o l’occasione, nella processione medesima».