Morti triplicati a marzo L’analisi degli effetti indiretti sull’eccesso di vittime non ufficiali
Nel mese di marzo in provincia di Brescia il numero di morti è quasi triplicato rispetto alla media degli ultimi anni, un aumento del 290 per cento. Della crescita ne avevamo già parlato ampiamente, così come avevamo segnalato le situazioni più che anomale di tanti comuni della Bassa, dell’Ovest e dello stesso capoluogo, ma adesso a dirlo c’è uno studio dettagliato a livello nazionale realizzato dall’Istat e dall’Istituto superiore di Sanità.
Nel mese di marzo, peggio di Brescia fanno solo Bergamo (+567%, oltre cinque volte di più), Cremona (+392%) e Lodi (+370%). Se dalle percentuali passiamo ai numeri assoluti la dimensione di quanto accaduto a marzo a Brescia e in un pezzo di Lombardia è ancora più cupa: nella nostra provincia, nel periodo in questo caso dal 20 febbraio (quando si registrò il primo caso Covid di Codogno) al 31 marzo, le morti sono state 4.450. La media sullo stesso periodo nei cinque anni precedenti è stata di 1.385: in pratica, in 40 giorni, ci sono state 3.065 morti in più rispetto al consueto. Il calcolo copre la quasi totalità dei Comuni della provincia (il 98%, che è pari al 99% della popolazione). Di questi decessi in più, solo la metà circa (1.574) è stata certificata come causata da Covid. Vi sono quindi 1.491 morti che risultano in eccesso rispetto alle medie del periodo, ma non sono attribuite al Covid. Almeno ufficialmente. Una parte di queste morti sono sicuramente riconducibili al virus — come hanno dimostrato i tanti decessi senza tampone nelle Rsa ad esempio — ma un’altra parte è probabilmente un effetto collaterale dell’emergenza che, almeno per un periodo, ha messo in dura crisi il sistema sanitario bresciano e lombardo. Secondo il rapporto Istat-Iss il Covid-19 ha agito sia anticipando il decesso negli individui affetti da gravi patologie, «sia incrementando la mortalità con i suoi effetti diretti e indiretti, particolarmente evidenti nelle aree a media e alta diffusione».
L’analisi complessiva della mortalità consentirà di valutare quanto l’eccesso di mortalità osservata sia attribuibile anche ai decessi di persone non sottoposte al test, ma certificate dai medici sulla base di una diagnosi clinica (che al momento non sono conteggiate dalla Sorveglianza) e «quanto agli effetti indiretti su specifiche cause di morte, soprattutto quelli che sono riconducibili alle difficoltà del sistema ospedaliero nel lavorare in condizioni forte stress ma anche al minor ricorso alle prestazioni del servizio sanitario da parte dei cittadini per timore di contagio».
In pratica, per alcune settimane, il sistema sanitario di alcune zone non è stato in grado (perché troppo concentrato sul Covid) di garantire cure adeguate a tutti i pazienti affetti da altre malattie e, allo stesso modo, meno cittadini si sono recati in ospedale anche quando avrebbero dovuto farlo. La necessità — restando all’oggi e alla Fase 2 che si è aperta proprio ieri — è evitare in ogni modo che la diffusione del virus possa riportare sotto stress il sistema sanitario, così come è invece avvenuto a marzo.
L’eccesso di mortalità registrato a marzo è ancora più accentuato negli uomini. Secondo il rapporto è un dato noto ma assai rilevante in quanto «mette in luce come la dimensione del fenomeno della super-mortalità maschile, in relazione al Covid 19, sia ancora più ampia, estendendosi verosimilmente anche a cause che non sono direttamente riferibili al virus». A livello nazionale il rapporto fotografa un aumento del 50% (il 49,4% per la precisione) della mortalità media degli ultimi anni nello stesso periodo. Oltre il 90% di questo eccesso di mortalità si concentra però in 37 province del Nord Italia più Pesaro e Urbino. «Nell’insieme di queste province (tra cui Brescia, ovviamente) i decessi per il complesso di cause sono più che raddoppiati». Nella fotografia d’insieme emergono in modo evidente tre Italie: il Nord, colpito duramente, un Centro dove il Covid ha fatto morti ma la mortalità non è aumentata molto, e un Sud rimasto quasi indenne. Se nel Nord l’aumento della mortalità è stato infatti addirittura del 95%, nel Centro la crescita è stata del 9% e nel Mezzogiorno del 2%.
L’analisi sul mese di marzo è ovviamente significativa ma — sottolinea il rapporto — «per una valutazione complessiva dell’impatto di Covid 19 sulla mortalità totale occorre continuare a monitorare l’evoluzione del fenomeno nei prossimi mesi». E questo, soprattutto, perché alcune province a media diffusione del virus sono state interessate dall’epidemia in ritardo. Per quelle ad alta diffusione resta ovviamente alta l’attenzione.
Di tanti Comuni della Bassa bresciana abbiamo segnalato l’eccesso di mortalità in aprile in un servizio, così come i numeri ufficiali dicono che le morti per Covid proprio in aprile si avvicinano a quelle sulla mortalità complessiva registrate nello stesso periodo negli ultimi anni. Aprile, a Brescia, non è stato di certo devastante come marzo, ma tante persone hanno continuato a morire a causa (diretta o indiretta che fosse) del coronavirus.