«Un live a San Siro? Temo che bisognerà aspettare il 2021»
Il manager Warner: «Tagliamo l’Iva sui dischi»
«La prima cosa da fare? Ridurre l’Iva dal 22 al 4 per cento sull’acquisto di dischi, come avviene per i libri». È questo uno degli interventi urgenti da adottare per alleviare la crisi del mondo della musica causata dalla pandemia secondo Roberto Razzini, amministratore delegato di Warner Chappell, azienda di edizioni musicali che ha sede in piazza Repubblica a Milano. Un’industria messa in ginocchio: «la prima ad entrare in crisi, e l’ultima ad uscirne una volta finito il lockdown», afferma il manager milanese.
Il quadro della situazione è così tragico?
«L’impatto della crisi sul comparto musicale è stato tremendo. Sono stati annullati quasi 5mila eventi, con una perdita di circa 800 milioni di live per tutta la filiera se quesenta sto lockdown dovesse durare fino all’autunno. A ciò va aggiunto il danno economico per gli autori e per gli editori musicali, stimato da Siae in 200 milioni di mancati incassi per diritti derivati dalla musica diffusa, che si ascolta nei centri commerciali, in discoteca, nelle palestre, nei bar. Le star sono la punta diamante di un settore in cui operano 350 mila persone. Di queste, buona parte sono stagionali, precari che lavorano se il meccanismo funziona, altrimenti stanno a casa a reddito zero».
Con Milano blindata come fate a operare?
«Seguendo due fronti: il primo è quello di mantenere in vita la creatività dei nostri autori, con la tecnologia e le nuove piattaforme. Grazie allo smart working coinvolgiamo tutti affinché nessuno si abbandonato. Il secondo non interrompendo la pubblicazione di dischi. Ora è uscito l’album di Ghemon, a breve sarà la volta di Nek».
Quando si potrà ripartire con la musica dal vivo?
«Non prima del 2021. Per un concerto in uno stadio ci sono circa 3500 persone coinvolte, dai tecnici alla sicurezza. Impensabile organizzare a breve eventi del genere. Quindi un live a San Siro potrà essere sostituito da cinque concerti al Forum».