«Il Tocilizumab funziona»
Lo studio dell’ospedale di Montichiari è pubblicato sull’ European Journal of Internal Medicine Il rischio di mortalità si è ridotto del 96.5%
Il Tocilizumab a basso dosaggio funziona contro il Covid. La ricerca all’ospedale di Montichiari è soddisfacente e già pubblicata. Ruggero Capra: ridotta la mortalità del 96,5%.
Sperimentazione: utilizzo di Tocilizumab a basso dosaggio per la cura dell’infezione da Coronavirus. Risultato: livelli minimi di mortalità e risposta quasi immediata da parte dei pazienti. Una ricerca lungimirante le cui ricadute, probabilmente a livello mondiale, offriranno vantaggi diretti sulla salute dei cittadini, ma anche sull’organizzazione dei sistemi sanitari (con la pandemia entrati in crisi per la carenza di ventilatori e spazi per la rianimazione), almeno finché non sarà messo a punto un vaccino anti Covid 19.
È la ricerca condotta con successo all’ospedale di Montichiari dall’immunoneurologo Ruggero Capra e dalla sua equipe (Nicola De Rossi, Flavia Mattioli, Giuseppe Romanelli e Stefania Cossi), con il supporto, per la parte statistica, di Maria Pia Sormani dell’Università di Genova e Cristina Scarpazza, dell’Università di Padova. Uno studio importante che ha avuto il placet – e la pubblicazione - dell’European Journal of Internal Medicine, rivista scientifica mensile di riferimento internazionale.
«Ci siamo trovati di fronte al dramma della morte di molti pazienti a causa del Coronavirus e abbiamo cercato una strada che permettesse di rendere meno severa l’infiammazione “negativa” per l’organismo, preservando la capacità di eliminazione del virus», spiega Ruggero Capra. Così si è lavorato per bilanciare l’attività del sistema immunitario, in modo che ci fosse una reazione al virus, evitando al contempo che si sviluppassero ulteriori infezioni. La strada contro il Covid 19 è stata la scelta del Tocilizumab (il primo utilizzo specifico in Italia si è registrato al Cotugno di Napoli), un farmaco biologico
che riproduce un anticorpo monoclonale, immunosoppressore, che a Montichiari si è deciso di utilizzare in dosi ridotte e a precoce somministrazione, sottocutanea.
«Anziché utilizzare dosi singole da 400 o 324 milligrammi, abbiamo somministrato 8 milligrammi per chilo in due dosi, seguendo 85 persone (uomini e donne, di età diverse e storie cliniche diverse) ricoverate nel nostro ospedale. In alcuni casi il miglioramento è stato netto e immediato con la risoluzione della malattia in pochi giorni».
Eloquente uno dei dati principali emersi dalla sperimentazione: la riduzione del rischio di mortalità nel 96,5%
delle persone. Il termine di paragone è quello che tecnicamente viene definito «gruppo di controllo», vale a dire i pazienti trattati con terapia standard (ossigeno e cortisone), prima della possibilità di utilizzo del Tocilizumab.
«Altro fattore importante è stata la somministrazione precoce, a malattia conclamata, ma in assenza di difficoltà respiratorie importanti. Una delle prime domande che ci siamo posti è stata se fosse inevitabile arrivare alla ventilazione o addirittura alla rianimazione. Utilizzando in via quasi preventiva il Tocilizumab a basso dosaggio, abbiamo evitato a molti pazienti sofferenze importanti e siamo passati da decine di decessi ogni pochi giorni a 7 decessi in un mese», sottolinea ancora Capra che evidenzia pure che «questo tipo di approccio, in previsione di un’eventuale seconda ondata di contagi e in attesa del vaccino, potrebbe evitare l’intasamento degli ospedali, anche praticando una capillare medicina del territorio».
I numeri confortanti dello studio, il primo del genere nella letteratura scientifica, hanno già portato ad un ampliamento della ricerca attraverso la quale, attualmente, sono seguiti 158 pazienti.
"Capra Abbiamo cercato una strada per rendesse meno severa l’infiammazione “negativa” per l’organismo, preservando la capacità di eliminazione del virus