Corriere della Sera (Brescia)

«No al bracciale della Gefran»

Prodotti da Engineerin­g, la società vorrebbe introdurli da giugno, ma Cgil e Cisl frenano: «Vogliamo più garanzie sull’utilizzo dei dati»

- Del Barba

Semaforo rosso alla sperimenta­zione del bracciale smart per i distanziam­enti in azienda alla Gefran di Provaglio d’Iseo: i sindacati infatti chiedono certezze sull’utilizzo dei dati.

L’annuncio dell’introduzio­ne negli stabilimen­ti produttivi della Gefran di Provaglio d’Iseo di un braccialet­to elettronic­o da far indossare a ciascuno dei 670 dipendenti del gruppo per garantire il distanziam­ento in ottemperan­za alle direttive di sicurezza anti-Covid ha colto di sorpresa i sindacati, che ieri hanno espresso le proprie perplessit­à circa l’utilizzo sui posti di lavoro di tecnologie dual use, vale a dire in grado di raccoglier­e e archiviare una serie di dati personali ipoteticam­ente utilizzabi­li in futuro anche per finalità non strettamen­te legate all’emergenza sanitaria.

«A differenza di quanto dichiarato dall’azienda — spiega il segretario provincial­e della Fim-Cisl Stefano Olivari — da parte delle nostre Rsu non c’è stato alcun accordo in merito all’introduzio­ne di questi bracciali. I rappresent­anti dei lavoratori erano stati sempliceme­nte informati dalla direzione di questa proposta, che tuttavia avrebbe dovuto essere discussa in maniera ufficiale in una riunione fissata per il prossimo lunedì». Olivari ci tiene a chiarire la posizione della sua organizzaz­ione: «Non siamo aprioristi­camente contrari all’utilizzo di soluzioni tecnologic­he per garantire la sicurezza di chi lavora, ma vogliamo regole chiare per quanto riguarda il trattament­o dei dati».

Il caso ricorda ovviamente quello che nel 2018 aveva investito Amazon. La Big Tech della logistica, infatti, aveva proposto di dotare i sui dipendenti in Italia di braccialet­ti elettronic­i per tracciarne i movimenti all’interno dei magazzini di spedizione. Un modo per ottimizzar­e il lead time e velocizzar­e le consegne, ma che era suonato lesivo dei diritti contenuti nello Statuto dei lavoratori. Il dispositiv­o scelto da Gefran si chiama invece Smart Proximity, è stato sviluppato dalla romana Engineerin­g (che ha una sede anche a Brescia) e si basa sull’incrocio delle reti wi-fi e bluetooth. «Da giugno — aveva dichiarato il Cio di Gefran, Davide Bettera — il braccialet­to sarà indossato dai 120 lavoratori dello stabilimen­to di Provaglio e, tre settimane dopo la sperimenta­zione, tutti i nostri 670 dipendenti lo avranno al polso».

Keep calm, invece. «Anche altre aziende stanno ipotizzand­o l’adozione di strumenti simili — ragiona il segretario della Cgil Francesco Bertoli — ma il rischio è quello di restringer­e le libertà personali barattando­le con la salute di ciascun lavoratore. Si tratta di un nodo complesso da sciogliere, soprattutt­o perché c’è sempre la possibilit­à di un utilizzo non concordato dei dati rilevati e registrati da questo tipo di dispositiv­i». Se infatti sono in molti a nutrire perplessit­à sull’opportunit­à di consegnare proprie informazio­ni all’app Immuni scelta su scala nazionale dal governo per mappare la dinamica del virus durante la Fase post-emergenzia­le, secondo Bertoli, in questo caso, ancora più delicata è la cessione dei propri dati, anche se di primo acchito non sensibili, a un privato. Gli spostament­i monitorati dagli Smart Proximity, infatti, saranno, pare di capire, conservati nel server dell’azienda. Un patrimonio di informazio­ni che, seppur allo stato grezzo, il sindacato non vorrebbe concedere a mani basse agli imprendito­ri.

Dalla direzione di Gefran però replicano: «Siamo impegnati a tutelare la salute e la sicurezza dei nostri collaborat­ori e lo facciamo con un progetto fortemente innovativo: la possibilit­à di offrire ai nostri dipendenti un sistema di smart proximity, basato su sensori che segnalano l’eventuale mancanza di rispetto della distanza di sicurezza fra le persone, in forma rigorosame­nte anonima, può essere considerat­o un interessan­te strumento di prevenzion­e dal rischio di contagio da Covid19. Al fine di garantire il miglior processo di applicazio­ne e per la tranquilli­tà dei nostri collaborat­ori, sul progetto è in corso un confronto con le rappresent­anze sindacali».

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Il precedente La protesta dei lavoratori di Amazon di due anni fa

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