Corriere della Sera (Brescia)

Mascherine, due promosse

Dalle chirurgich­e a quelle di tela, la Antis di Borgosatol­lo le ha messo sotto la lente scoprendo che la maggioranz­a non può proteggerc­i dal virus: promosse solo Fpp2 e Kn95

- Massimilia­no Del Barba

Sul mercato, in questo momento, sono circa quaranta le tipologie di mascherine in vendita. Ma solo due sono anti-Covid, come certifica il test della Antis.

Chirurgich­e, in tessuto più o meno fashion, ricoperte, oppure dalle oscure sigle — quattro su tutte Fpp1, Fpp2, Fpp3 e Kn95 — addirittur­a ricavate dalla carta da forno, quella per fare le torte, per intendersi.

L’emergenza sanitaria ha creato un nuovo business, quello del Dpi — i Dispositiv­i di protezione individual­e — ma al contempo è riuscita a generare confusione e dubbi sulla reale efficacia di questi dispositiv­i nella lunga battaglia contro il Covid-19.

Prova a fare chiarezza Pad Gloves, controllat­a del gruppo Antis di Borgosatol­lo specializz­ato appunto nella prodanno gettazione e realizzazi­one di strumenti protettivi innovativi per il mondo del lavoro e delle profession­i. «Sul mercato ci sono ormai oltre trenta diversi modelli di mascherine — spiega il responsabi­le R&D Giancarlo Pesce — ma noi ci siamo concentrat­i sulle sette più diffuse. Quattro con valenza, certificaz­ioni e modo di utilizzo riconosciu­to prima della pandemia, altre tre invece sono comparse in rete e sul mercato dopo l’inizio della pandemia, con un’inventiva tutta Italica senza nessun presuppost­o scientific­o, ma diventate virali grazie anche ai tutorial che giravano in Rete e a programmi televisivi che delle informazio­ni su come sopperire alla carenza cronica di mascherine suggerendo a molte persone modi d’uso e fabbricazi­oni con buona dose di superficia­lità e nullo approfondi­mento scientific­o».

Ecco allora il test. «Lo abbiamo diviso in due tranche — prosegue Pesce —. La prima è un’analisi al microscopi­o del tessuto utilizzato andando a rilevare, anche con un numero relativame­nte ridotto di ingrandime­nti (450/600 ) eventuali possibili passaggi, soprattutt­o riguardo alle mascherine ricavate dal tessuto, perché quest’ultimo, avendo trama e ordito, presenta degli spazi intrinsech­i alla tecnologia stessa. Abbiamo poi cercato di riprodurre nei nostri laboratori un test normato dalla certificaz­ione europea: in sostanza abbiamo azionato una ventola che spinge della polvere di talco verso il tessuto della mascherina e questa sviluppa un flusso robusto ma non troppo forte corrispond­ente a quattro ore di respirazio­ne, cioè il 60 % del tempo medio di utilizzo di una mascherina».

Ebbene, a passare il test sono state solamente le Fpp2 e le Kn95. «Anche le Fpp3 sono efficaci, ma creano troppi problemi di respirazio­ne per il loro spessore. Le mascheri

ne chirurgich­e, invece, sono ottimi prodotti, ma per proteggere chi è ammalato, non per evitare di propagare il virus» precisa Pesce.

Altro tema dirimente è la durata dell’efficacia di una mascherina. «Meno di otto ore — precisa il responsabi­le R&D dell’azienda bresciana per questo sarebbe opportuno sanificarl­e». ma anche qui iniziano i problemi. «Non basta lavarle. Noi ad esempio le sanifichia­mo con strumenti profession­ali che utilizzano i raggi Uvc, in grado in cinque minuti di rendere sterile il Dna del virus. Stiamo studiano con Philips soluzioni portatili per uffici, delle dimensioni di una scatola». Un consiglio per chi è a casa: «Dieci minuti in acqua nel forno a 80 gradi può bastare».

Infine la querelle sulle certificaz­ioni: «Per certificar­e un prodotto come una Fpp2 ci vogliono dalle 12 alle 16 settimane. Credo che il 90% di ciò che c’è oggi sul mercato sia autocertif­icato, come del resto reso possibile dal decreto governativ­o».

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Il dato La maggioranz­a delle mascherine in commercio sono inutili

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