Economia e ambiente: tutti i nodi della ripresa
«Ripartiamo senza inquinare più di prima» dice Sergio Vergalli, economista ambientalista. Un tema più che mai attuale per la nostra provincia, che per ridurre le emissioni atmosferiche attende fondi per un trasporto pubblico più strutturato, per rendere più sostenibile la zootecnia ed efficientare edifici privati e pubblici.
La ripresa delle attività produttive, a Brescia come in Italia, deve porre maggiore attenzione alla questione ambientale. Altrimenti il rischio è quello di ripetere gli stessi errori post-crisi finanziaria del 2008, dove l’impatto ambientale è aumentato, basti pensare all’aumento delle emissioni di anidride carbonica. Questo, in estrema sintesi, l’appello lanciato dall’ Associazione italiana degli economisti ambientali e delle risorse naturali (Iaere) presieduta da Sergio Vergalli, docente di Economia alla Statale di Brescia.
Professore, temete che pur di rimediare al crollo del Pil la ripresa si farà beffe delle questioni ambientali più urgenti?
«Nel nostro documento ricordiamo che spesso la crescita economica è stata perseguita in contrapposizione alla tutela dell’ambiente. Oggi pead rò i cambiamenti climatici, il degrado degli ecosistemi terrestri ed acquatici e l’inquinamento atmosferico sono diventati centrali nel dibattito politico e sociale. Proprio in riferimento all’attuale pandemia, numerosi contributi scientifici sottolineano l’esistenza di legami rilevanti tra le modalità di funzionamento del sistema economico, il peggioramento della qualità ambientale e la diffusione di malattie. Ignorare le ricadute negative di natura economica dei legami tra comportamenti umani, ambiente e salute può portare a fare scelte politiche miopi particolarmente dannose per l’ambiente. Da qui il nostro appello: non torniamo un mondo che continua ad essere caratterizzato dal conflitto tra economia e ambiente; meglio incamminarsi verso un percorso convinto di sostenibilità, coerentemente con il nuovo green deal europeo».
Parole sacrosante ma qual è la via?
«Lo scriviamo nel nostro appello: continuando nel percorso già iniziato verso il risparmio energetico, la diffusione della mobilità elettrica e l’utilizzo delle energie rinnovabili, che insieme a modalità diverse di organizzazione del lavoro (smart working) possono dare un sostanziale contributo alla riduzione degli effetti negativi di un’altra grande emergenza sanitaria che viviamo costantemente da anni: quella causata dall’inquinamento atmosferico, responsabile ogni anno di circa 7 milioni l’anno di morti nel mondo (e di mille nella sola provincia di Brescia, ndr)».
Certo che con un prezzo del petrolio tornato sotto i 30 dollari al barile l’appello alle fonti rinnovabili rischia di rimanere inascoltato...
«Il prezzo del petrolio risalirà presto e l’Europa e l’Italia non possono permettersi di abbandonare il sentiero imboccato che incentiva l’utilizzo delle fonti rinnovabili. Dobbiamo mantenere la barra dritta. Ad esempio la proposta del governo di portare gli
"Vergalli Non va ripetuto l’errore post crisi economica del 2008 quando sono aumentate le emissioni di Co2
incentivi per l’efficientamento energetico delle abitazioni al 110% va nella direzione giusta: può ridare fiato ad un comparto che non si è ancora ripreso dalla crisi del 2008 e nel contempo migliorando l’isolamento degli edifici si riducono le emissioni climalteranti».
Tema mobilità: con il distanziamento sociale c’è il rischio di un ritorno all’auto privata.
«È un tema centrale. Bene i sussidi previsti per la mobilità sostenibile ma a causa del distanziamento sociale treni e bus sono mezzi vuoti; si devono necessariamente aumentare i fondi per il trasporto pubblico locale o assisteremo all’aumento del traffico privato».
Quale la strada per altri settori chiave come l’industria e l’agricoltura?
«L’industria bresciana negli ultimi anni ha fatto importanti passi in avanti, penso alle risorse investite nell’end of waste, ovvero nel recupero dei rifiuti, che evita lo sfruttamento di nuove risorse. Per l’agricoltura il ritorno a sistemi più sostenibili può essere un’opportunità: andremo verso una de-globalizzazione, le filiere produttive diventeranno necessariamente più corte perché ci si tutelerà riguardo alle merci d’importazione ed ai possibili rischi sanitari».
Dopo due mesi di stop forzato si ripresentano con urgenza diverse tematiche ecologiche irrisolte necessarie ad uno sviluppo meno impattante: un trasporto pubblico che necessita di finanziamenti, edifici da isolare, un comparto zootecnico che va reso più sostenibile