Locali «a prova» di virus
Timori per le misure di riapertura. Il modello Brescia potrebbe fare scuola
Mascherine anche al bancone, clienti a oltre un metro di distanza, prenotazione obbligatoria: Brescia si prepara alle regole per la riapertura di bar e ristoranti.
Gli strusciamenti al bancone, i flirt con le finte bionde del tavolo accanto, i peccati etilici e le sbronze a distanza ravvicinata (e senza disinfettante) saranno un piacere proibito: bisognerà indossare la mascherina anche per andare a ripassarsi il rossetto in bagno.
L’antibiotico contro lo stramaledetto coronavirus va bevuto di rigore (e non ha un buon sapore): torneremo al bar, ma restando a un metro e 20 centimetri di distanza l’uno dall’altro. Tra le regole, i cavilli e le prescrizioni che il comitato scientifico sta discutendo per la riapertura dei locali — dopo due mesi di cattività e di crisi di astinenza collettiva dal Vodka Tonic — ci sono la prenotazione obbligatoria e il dispenser del disinfettante all’ingresso e alle casse. I bar dovranno essere sanificati e ventilati, ma soprattutto non potranno trasgredire di un centimetro: aperitivisti e ossessivo-compulsivi dell’espresso che consumano il piacere al bancone dovranno stare a distanza di 1 metro e 20 centimetri. Tra un tavolo e l’altro, invece, potrebbero esserci uno spazio di quattro metri. Non saranno consentiti nemmeno i riti etilici in piedi fuori dal locale: la raccomandazione è di far accomodare le persone ai plateatici oversize. E, ovviamente, è vietato il contatto tra i camerieri (in guanti e mascherina) e i clienti.
Mentre il governo definisce le note a piè di pagina delle prescrizioni per la riapertura (manca l’autorizzazione finale del comitato scientifico), i baristi di Brescia continuano a pagare le tasse, si scambiano idee sul delivery e il take away in chat, scrivono ai parlamentari. Soprattutto, preparano un antidoto per non fallire: ieri,
"Odello Il protocollo non ha solo il business come fine: vogliamo preservare la socialità del bar. Riaprire significa dar fiato alla comunità. I gestori bresciani sono veri imprenditori
"Zecchini Abbiamo avuto la possibilità di farci sentire. Ora dobbiamo raccogliere risorse: allo stato attuale, per molti di noi la chiusura purtroppo non è più un rischio
dopo l’intercessione dell’onorevole Marina Berlinghieri (Pd), c’è stata una lunghissima videochiamata tra i frontmen dei locali di #chiusiperbrescia (un centinaio tra bar e ristoranti: ormai il movimento è diventato virale) e l’Istituto dell’Espresso Italiano, reclutato al tavolo della prefettura. All’ordine del giorno, uno scambio di proposte, pareri e spunti con cui integrare il protocollo per la riapertura. «Non ci sono state scene madri: ho trovato imprenditori con la i maiuscola. È emersa la brescianità. Mi consenta la metafora sportiva: testa bassa e pedalare.Abbiamo discusso di scenari operativi» fa sapere Carlo Odello, il direttore dell’Istituto, tra una videochiamata e l’altra (lavora anche a orari illegali). «Il nostro protocollo — continua — non ha il business come unico fine: vogliamo preservare la socialità del bar. Riaprire, ovviamente in sicurezza, significa dar fiato alla comunità. In prefettura ho trovato grande sensibilità, e lo stesso vale per l’onorevole Berlinghieri».
Il documento — con eventuali aggiunte da parte dei locali — potrebbe essere copiato e incollato ovunque: si pensa di trascriverlo fino all’ultima riga in tutta Italia. «L’idea è nata a Brescia ma, con qualche correzione in base alle diverse esigenze, è applicabile anche altrove. Il documento potrebbe essere preso come ispirazione in altre regioni» conferma Odello. Ampelio Zecchini, della Riserva del Grande, serve un distillato del rendez-vous virtuale con l’Istituto dell’Espresso Italiano: «Abbiamo avuto la possibilità di farci sentire e di condividere un approccio progettuale per la riapertura — dice —. Ora, dobbiamo attingere a più risorse possibili e tracciare dei percorsi condivisi. Esprimere le nostre idee. Allo stato attuale, per molti di noi la chiusura non è più un rischio, ma una cosa inevitabile».
Intanto, l’Istituto ha inoltrato ai locali il protocollo sti
lato in prefettura. Al primo paragrafo c’è il dress-code del personale: guanti monouso, mascherina, divise in colori chiari. E poi: termometri per camerieri, baristi e clienti, vassoi igienizzati, acqua della lavastoviglie da cambiare ogni 5 lavaggi, schermi in plexiglass al bancone, sanificazioni ogni 4 ore, ingressi con il contapersone e pagamenti preferibilmente con la carta di credito.
La ricetta potrebbe essere rivista (o integrata) con le idee di #chiusiperbrescia. I locali, infatti, stanno preparando un documento da condividere con l’Istituto dell’Espresso Italiano. Per ora circola una versione-shottino, una bozza da discutere e ampliare. Tra le proposte del movimento, ci sarà l’abbattimento del muro di plexiglass ai tavolini (almeno se ci si siedono famiglie, coppiette o comunque inquilini). E ancora: le zone di consumo di cocktail o intrugli di-vini andranno tracciate con gli stencil e il disinfettante dovrà essere ovunque, bagni inclusi.