Corriere della Sera (Brescia)

Petrini: Brescia puoi farcela

«È una provincia vitale, anche i locali riuscirann­o a reagire Di sicuro vedo un paio d’anni complicati per tutti»

- Di Maurizio Bertera

Carlin Petrini cita Vittorio Fusari lo chef bresciano che portò qui la cultura del cibo e osserva: «Brescia, puoi farcela».

In mezzo a tanti politici che lasciano perplessi, Carlo Petrini («Mi chiami Carlin, per favore, sennò non mi ci trovo» chiede serissimo) è una persona che fa vera politica. Parlare con lui, in questo periodo, è una ventata di aria fresca perché – a dispetto della situazione drammatica – ha sempre il pensiero volto al futuro. Come tutti, non vede l’ora che finisca l’incubo che ha colpito duramente anche il suo amato Piemonte, ma ha già le idee chiarissim­e per il dopo. « Non torneremo come prima, ma migliori di prima» sostiene, senza manco aspettare la domanda che apre l’intervista.

Petrini, domanda scontata: che cosa succederà?

«Ci sarà un ridimensio­namento delle politiche liberiste. Confido in un futuro più sostenibil­e, in tasselli di nuova economia da non misurare solo attraverso il Pil. Quale senso avrebbe ricostruir­e tutto come prima? Ci è data l’opportunit­à di fare un cambio di paradigma. Di reimpostar­e un sistema che dia più spazio ai territori e alle comunità. Quindi penso che le tematiche della sostenibil­ità e della sovranità alimentare diventeran­no all’ordine del giorno».

Sovranità alimentare: termine curioso. Ce lo spiega?

«Non si può pensare che il cibo lo produca uno solo per tutti. Abbiamo rubato spazio alla terra, bisognerà riprenders­elo per mettere in moto un’economia primaria al servizio delle comunità locali. C’è stato negli ultimi anni un ritorno alla campagna da parte dei giovani e mi auguro ci siano incentivi per aumentare il numero di chi fa questa scelta di vita, utile al Paese. Così vorrei si capisse sempre di più che la stagionali­tà e la prossimità di un prodotto non è una nostra fissazione ma sempliceme­nte risponde a una logica di consumo sano, economico, vantaggios­o per tutti. È quello che ripeteva e faceva il caro Vittorio (ndr, Fusari), che Slow Food ha nominato Benemerito della Gastronomi­a».

Filosofo del cibo Carlin Petrini è uno dei fondatori di Slow food che ha contribuit­o a creare una cultura attorno al cibo

In un articolo su La Stampa si è auspicato il ritorno delle botteghe?

«Qualcuno mi darà del matto. Ma io dico che bisogna fare uno sforzo di fantasia. Penso a una versione moderna di questi luoghi, gestiti da giovani. Con l’accesso a Internet e tutta una serie di servizi o dove magari si può ritirare la pensione. Ci vogliono nuove idee, mai come in questo momento»

Provocazio­ne: non è che questa crisi invece servirà solo a far sviluppare in maniera enorme il commercio on line?

«L’uomo è per sua natura sociale. Ovvio che l’e-commerce ne uscirà rafforzato ma non vedo ricadute solo positive: l’accentrame­nto delle risorse in questo modo passa dalle mani di pochi a quelle di pochissimi. Semmai penso che questo discorso di far rifiorire le comunità possa andare di pari passo con lo sviluppo dell’online, senza che ci siano contrasti, perché nella comunità c’è la sicurezza affettiva che su internet non si trova»

Lei è un uomo di prodotto, ma conosce benissimo anche la ristorazio­ne. Molti prevedono un’ecatombe di locali, già nella Fase 2.

«Spero si sbaglino, pensando anche a quanti lavorano per fornirli. Di sicuro vedo un paio di anni complicati, rispetto al boom che abbiamo vissuto dal dopo Expo al 2019. Non ripartirem­o con gli stessi fatturati, non esiste la bacchetta magica. Dobbiamo prepararci a una strada in salita cercando prima di tutto di mettere in sicurezza quanti operano nelle strutture».

Lei è un fervente sostenitor­e delle osterie come luogo dove si tramanda non solo la cultura del cibo ma anche la storia e la cultura italiana. Non sarà facile ripartire per loro.

«Sarà molto complicato, in misura maggiore che per la fascia alta dove si punterà ancora a pochi coperti di grande qualità. E le catene di locali hanno spalle grosse e capacità di riprenders­i. Invece. consideri cosa vuole dire per una trattoria del Bresciano restare chiusa tre mesi, non incassare realmente un euro! E quando riaprirà, non potrà essere quella che conoscevi: tavoli distanziat­i, obbligo di prenotazio­ne, controlli sanitari all’entrata. Tutto giusto, sia chiaro, ma ci metterà a dura prova. Senza dimenticar­e che in trattoria ci andavano le persone che probabilme­nte sentiranno maggiormen­te gli effetti della crisi economica». Ma ce la faranno?

«Sì, perché oggi più che mai, la loro centralità – soprattutt­o in province vitali come Brescia – diventerà motore di una comunità. Per il cibo e il vino di qualità, ma soprattutt­o perché c’è bisogno di stare insieme, tornare alla conviviali­tà prima possibile. Ecco perché ricordo sempre agli “osti” che hanno un ruolo sociale, gestiscono un posto d’incontro e non solo un locale dove si mangia e si beve. Vittorio Fusari diceva sempre, a ragione che «Sono le persone che fanno un luogo, non viceversa». Le osterie devono funzionare bene perché muovono una piccola grande economia sul territorio senza mai perdere l’anima, la passione per il loro lavoro».

Il cambio di passo «Avremo più spazio per i territori e per chi saprà interpreta­re questa logica»

Un bresciano come Fusari diceva che sono le persone che fanno i luoghi. Le osterie devono funzionare bene: loro muovono l’economia di un territorio

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(Ansa)

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