Corriere della Sera (Brescia)

L’appello di chef e titolari: «Ci siano norme chiare e decidete con noi» L’allarme: «Il plexiglass? I prezzi sono già triplicati»

- di Nicole Orlando

Cene più intime, ma cronometra­te: i turni saranno più rigidi, la prenotazio­ne obbligator­ia, necessaria e non più solo gradita la puntualità. Per servire un maggiore numero di clienti e compensare, almeno in parte, la perdita di posti a tavola.

Le regole del comitato tecnico-scientific­o ipotizzano distanze e prudenze da tenere all’interno dei ristoranti: almeno due metri di distanza tra i tavoli, area minima “di sicurezza” di quattro metri per ciascun cliente, accessi contingent­ati, guanti e mascherine per i dipendenti, gel igienizzan­te per tutti, sanificazi­one continua.

Per chi non può garantire le distanze l’alternativ­a sarebbe quella di alzare muri in plexiglass. Non dovrebbe essere necessario misurare la temperatur­a ai clienti, ma garantire ingressi e uscite senza rischio di contatto tra chi arriva e chi va sì.

«Le indicazion­i di massima ci sono, non abbiamo però ancora un protocollo definitivo - spiega Emanuela Rovelli, presidente dell’associazio­ne Arthob - e questo ci preoccupa perché appena arriverà ci sarà la corsa all’acquisto di impianti di ventilazio­ne, dispositiv­i e sanificant­i: ancora non sappiamo quali dovremo usare di preciso».

E se rimanere chiusi equivale a fallire, anche riaprire ha un costo: a pagarlo sono gli stessi ristorator­i, ma molti di loro, dopo settimane senza lavoro, non possono più permetters­elo. «Dei 7mila bar e ristoranti di Brescia - sottolinea Rovelli - almeno 4mila avranno forti difficoltà a riaprire. Le norme devono essere coerenti con il periodo di emergenza ma bisogna anche capire cosa si può effettivam­ente fare senza impedirci di lavorare. Per farlo servono aiuti concreti, perché dovremo affrontare spese impreviste che molti di noi oggi non possono permetters­i. Anche per questo chiediamo di essere coinvolti nelle decisioni che ci riguardano da vicino: abbiamo già sollecitat­o più volte un confronto con Ats ma non abbiamo ottenuto risposta».

L’urgenza vera per i ristorator­i è conoscere le nuove regole, per poter calcolare costi e perdite e ripensare gli spazi: «Dovremo scendere a un terzo dei 45 coperti attuali - spiega Luca De Simone, ti

Rovelli (Arthob)

Vogliamo il confronto con Ats ma non ci risponde

"Mazzolari (La Sosta) Ma la gente tornerà al ristorante e la grande incognita?

tolare dell’Osteria Croce Bianca - e non abbiamo uno spazio esterno. Bisognereb­be ammorbidir­e le procedure burocratic­he per i plateatici. Nel frattempo ci stiamo informando per installare i plexiglass tra i tavoli, ma negli ultimi giorni i prezzi sono triplicati. Solo una volta che noi ristorator­i avremo un’idea precisa della reale capienza dei locali potremo dire se riusciremo a riaprire oppure no».

Nemmeno chi può contare su spazi più generosi è tranquillo. Alberto Riboldi, titolare di Castello Malvezzi, spiega: «Noi abbiamo molto spazio e visto che tutti gli eventi nella zona catering sono stati cancellati possiamo aprire una nuova area ristorante, ma non sappiamo comunque come andranno le cose. Un altro problema è quello dei dipendenti: alcuni dei nostri collaborat­ori sono ancora bloccati nella loro terra d’origine, il Bangladesh, e non sappiamo se e quando potranno tornare».

Anche per Aldo Mazzolari, proprietar­io del ristorante La Sosta, il punto più critico non è la distanza tra i tavoli: «Non avremo grandi difficoltà con il distanziam­ento, ma il problema vero è: la gente tornerà al ristorante? Non sappiamo che ripercussi­one avrà la paura sulle abitudini. Se siamo preoccupat­i? Abbiamo la corda al collo. Siamo pronti a tutto per riaprire, ci adattiamo a qualsiasi norma. Basta che ci diano indicazion­i chiare».

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