L’appello di chef e titolari: «Ci siano norme chiare e decidete con noi» L’allarme: «Il plexiglass? I prezzi sono già triplicati»
Cene più intime, ma cronometrate: i turni saranno più rigidi, la prenotazione obbligatoria, necessaria e non più solo gradita la puntualità. Per servire un maggiore numero di clienti e compensare, almeno in parte, la perdita di posti a tavola.
Le regole del comitato tecnico-scientifico ipotizzano distanze e prudenze da tenere all’interno dei ristoranti: almeno due metri di distanza tra i tavoli, area minima “di sicurezza” di quattro metri per ciascun cliente, accessi contingentati, guanti e mascherine per i dipendenti, gel igienizzante per tutti, sanificazione continua.
Per chi non può garantire le distanze l’alternativa sarebbe quella di alzare muri in plexiglass. Non dovrebbe essere necessario misurare la temperatura ai clienti, ma garantire ingressi e uscite senza rischio di contatto tra chi arriva e chi va sì.
«Le indicazioni di massima ci sono, non abbiamo però ancora un protocollo definitivo - spiega Emanuela Rovelli, presidente dell’associazione Arthob - e questo ci preoccupa perché appena arriverà ci sarà la corsa all’acquisto di impianti di ventilazione, dispositivi e sanificanti: ancora non sappiamo quali dovremo usare di preciso».
E se rimanere chiusi equivale a fallire, anche riaprire ha un costo: a pagarlo sono gli stessi ristoratori, ma molti di loro, dopo settimane senza lavoro, non possono più permetterselo. «Dei 7mila bar e ristoranti di Brescia - sottolinea Rovelli - almeno 4mila avranno forti difficoltà a riaprire. Le norme devono essere coerenti con il periodo di emergenza ma bisogna anche capire cosa si può effettivamente fare senza impedirci di lavorare. Per farlo servono aiuti concreti, perché dovremo affrontare spese impreviste che molti di noi oggi non possono permettersi. Anche per questo chiediamo di essere coinvolti nelle decisioni che ci riguardano da vicino: abbiamo già sollecitato più volte un confronto con Ats ma non abbiamo ottenuto risposta».
L’urgenza vera per i ristoratori è conoscere le nuove regole, per poter calcolare costi e perdite e ripensare gli spazi: «Dovremo scendere a un terzo dei 45 coperti attuali - spiega Luca De Simone, ti
Rovelli (Arthob)
Vogliamo il confronto con Ats ma non ci risponde
"Mazzolari (La Sosta) Ma la gente tornerà al ristorante e la grande incognita?
tolare dell’Osteria Croce Bianca - e non abbiamo uno spazio esterno. Bisognerebbe ammorbidire le procedure burocratiche per i plateatici. Nel frattempo ci stiamo informando per installare i plexiglass tra i tavoli, ma negli ultimi giorni i prezzi sono triplicati. Solo una volta che noi ristoratori avremo un’idea precisa della reale capienza dei locali potremo dire se riusciremo a riaprire oppure no».
Nemmeno chi può contare su spazi più generosi è tranquillo. Alberto Riboldi, titolare di Castello Malvezzi, spiega: «Noi abbiamo molto spazio e visto che tutti gli eventi nella zona catering sono stati cancellati possiamo aprire una nuova area ristorante, ma non sappiamo comunque come andranno le cose. Un altro problema è quello dei dipendenti: alcuni dei nostri collaboratori sono ancora bloccati nella loro terra d’origine, il Bangladesh, e non sappiamo se e quando potranno tornare».
Anche per Aldo Mazzolari, proprietario del ristorante La Sosta, il punto più critico non è la distanza tra i tavoli: «Non avremo grandi difficoltà con il distanziamento, ma il problema vero è: la gente tornerà al ristorante? Non sappiamo che ripercussione avrà la paura sulle abitudini. Se siamo preoccupati? Abbiamo la corda al collo. Siamo pronti a tutto per riaprire, ci adattiamo a qualsiasi norma. Basta che ci diano indicazioni chiare».