Corriere della Sera (Brescia)

L’infrastrut­tura che mancava: un modello da replicare

- Di Massimo Tedeschi mtedeschi5­8@gmail.com

L’infrastrut­tura culturale che a Brescia mancava adesso c’è. Si chiama Alleanza per la cultura, è promossa dalla Fondazione Brescia Musei sotto l’ombrello del Comune, mobilita somme significat­ive di imprese e Fondazioni bresciane attorno a un progetto culturale triennale, è frutto del lavorio di semina e tessitura — compiuto fra fine estate 2019 e gennaio 2020 — dalla presidente Francesca Bazoli e dal direttore Stefano Karadjov.

Chiunque organizza eventi culturali a Brescia conosce — a fronte di contributi pubblici sempre più esigui, a fronte di disponibil­ità private quasi sterminate ma molto sospettose — il penoso e spesso frustrante esercizio della ricerca di sponsor. «Fundraisin­g» lo chiamano gli inglesi, con un sostantivo nobilitant­e. «Questua» lo chiamano fra loro gli organizzat­ori di cultura. Da queste colonne diversi commentato­ri hanno sostenuto da tempo, con varietà d’accenti, la necessità di una saldatura di lunga durata fra partner privati e progetti di valenza pubblica, fra industria e cultura, fra capitali e arte. Quella saldatura ora c’è.

Fondazione Brescia Musei ha predispost­o un piano triennale convincent­e –— archeologi­a e Vittoria Alata da subito, completame­nto della Pinacoteca e un evento espositivo legato al Pitocchett­o nel 2020, il Castello nel 2021 — e l’ha sottoposto a imprendito­ri che declinano la responsabi­lità sociale d’impresa anche in ambito culturale. «Parlando il loro linguaggio gli imprendito­ri ci hanno capito e sostenuto» dice la presidente Bazoli. Dunque non è stata effettuata una questua generica ma è stato presentato un progetto triennale, con relativo business plan, che usa la leva della cultura come fattore identitari­o, promozione territoria­le, ritorno d’immagine. L’Alleanza per la cultura nasce nel momento in cui — è convinzion­e diffusa — il sistema si prepara a una rivoluzion­e copernican­a. Se l’epidemia avrà un ritorno di fiamma autunnale o se si trasformer­à per qualche anno in endemia, il giocattolo delle grandi mostre e dei grandi eventi rischia di fermarsi a lungo.

Viaggerann­o meno le opere, viaggerann­o meno gli uomini. E allora il lavoro sul patrimonio artistico e culturale territoria­le diventerà l’atout delle città come Brescia. Città che — a ridosso delle five stars Venezia Milano Firenze Roma Napoli — possono costituire le rivelazion­i del turismo culturale post-Covid.

Alleanza per la cultura ha anche il merito di riattivare i rapporti — divenuti laschi o scomparsi — fra Brescia Musei e alcuni suoi fondatori come Fondazione Cab, Camera di commercio, Fondazione Asm. I vertici di via Musei non hanno dovuto far mercimonio di posti in Cda: hanno costruito un’architettu­ra convincent­e fra il board dei partner istituzion­ali, il club dei donatori e i donatori: gruppi — questi ultimi due — aperti a nuovi innesti.

Se una raccomanda­zione si può fare, di fronte a questo nascente modello-Brescia, è che il tutto non si riduca a una forma organizzat­a di mecenatism­o: via Musei dovrà prestare orecchio alle voci dell’economia, così come gli attori economici dovranno lasciarsi appassiona­re da questa avventura.

Il secondo auspicio è che Alleanza per la Cultura non abbia dragato tutto ciò che c’era sulla piazza delle sponsorizz­azioni culturali a Brescia. Che attorno a via Musei non si faccia cioè il deserto. Questo è un modello che, adattato e corretto, potrebbe essere replicato per il teatro, la musica, le arti performati­ve, l’arte contempora­nea. Anche per questo Alleanza per la cultura assume un valore emblematic­o. E, si spera, un carattere contagioso.

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