L’infrastruttura che mancava: un modello da replicare
L’infrastruttura culturale che a Brescia mancava adesso c’è. Si chiama Alleanza per la cultura, è promossa dalla Fondazione Brescia Musei sotto l’ombrello del Comune, mobilita somme significative di imprese e Fondazioni bresciane attorno a un progetto culturale triennale, è frutto del lavorio di semina e tessitura — compiuto fra fine estate 2019 e gennaio 2020 — dalla presidente Francesca Bazoli e dal direttore Stefano Karadjov.
Chiunque organizza eventi culturali a Brescia conosce — a fronte di contributi pubblici sempre più esigui, a fronte di disponibilità private quasi sterminate ma molto sospettose — il penoso e spesso frustrante esercizio della ricerca di sponsor. «Fundraising» lo chiamano gli inglesi, con un sostantivo nobilitante. «Questua» lo chiamano fra loro gli organizzatori di cultura. Da queste colonne diversi commentatori hanno sostenuto da tempo, con varietà d’accenti, la necessità di una saldatura di lunga durata fra partner privati e progetti di valenza pubblica, fra industria e cultura, fra capitali e arte. Quella saldatura ora c’è.
Fondazione Brescia Musei ha predisposto un piano triennale convincente –— archeologia e Vittoria Alata da subito, completamento della Pinacoteca e un evento espositivo legato al Pitocchetto nel 2020, il Castello nel 2021 — e l’ha sottoposto a imprenditori che declinano la responsabilità sociale d’impresa anche in ambito culturale. «Parlando il loro linguaggio gli imprenditori ci hanno capito e sostenuto» dice la presidente Bazoli. Dunque non è stata effettuata una questua generica ma è stato presentato un progetto triennale, con relativo business plan, che usa la leva della cultura come fattore identitario, promozione territoriale, ritorno d’immagine. L’Alleanza per la cultura nasce nel momento in cui — è convinzione diffusa — il sistema si prepara a una rivoluzione copernicana. Se l’epidemia avrà un ritorno di fiamma autunnale o se si trasformerà per qualche anno in endemia, il giocattolo delle grandi mostre e dei grandi eventi rischia di fermarsi a lungo.
Viaggeranno meno le opere, viaggeranno meno gli uomini. E allora il lavoro sul patrimonio artistico e culturale territoriale diventerà l’atout delle città come Brescia. Città che — a ridosso delle five stars Venezia Milano Firenze Roma Napoli — possono costituire le rivelazioni del turismo culturale post-Covid.
Alleanza per la cultura ha anche il merito di riattivare i rapporti — divenuti laschi o scomparsi — fra Brescia Musei e alcuni suoi fondatori come Fondazione Cab, Camera di commercio, Fondazione Asm. I vertici di via Musei non hanno dovuto far mercimonio di posti in Cda: hanno costruito un’architettura convincente fra il board dei partner istituzionali, il club dei donatori e i donatori: gruppi — questi ultimi due — aperti a nuovi innesti.
Se una raccomandazione si può fare, di fronte a questo nascente modello-Brescia, è che il tutto non si riduca a una forma organizzata di mecenatismo: via Musei dovrà prestare orecchio alle voci dell’economia, così come gli attori economici dovranno lasciarsi appassionare da questa avventura.
Il secondo auspicio è che Alleanza per la Cultura non abbia dragato tutto ciò che c’era sulla piazza delle sponsorizzazioni culturali a Brescia. Che attorno a via Musei non si faccia cioè il deserto. Questo è un modello che, adattato e corretto, potrebbe essere replicato per il teatro, la musica, le arti performative, l’arte contemporanea. Anche per questo Alleanza per la cultura assume un valore emblematico. E, si spera, un carattere contagioso.