Corriere della Sera (Brescia)

«La mia canzone per i più fragili»

«Dobbiamo recuperare il rispetto per i deboli. Il prossimo lavoro? Un tributo a Enzo Jannacci» «L’umarell» di Fabio Concato è dedicata agli anziani e alla sua città durante la pandemia

- Raffaella Oliva

«Se dopo questa pandemia tutto tornasse come prima sarebbe imperdonab­ile». Fabio Concato è categorico: il coronaviru­s ci sta facendo vivere un dramma, ma è un dramma che può insegnarci qualcosa, come canta nel nuovo brano in meneghino diffuso sul web nei giorni scorsi, «L’umarell», omaggio alla sua Milano e a quei signori, perlopiù pensionati, che amano osservare gli operai al lavoro nei cantieri. «Ho una statuina di un umarell sul leggio della tastiera», racconta l’autore di «Fiore di maggio» e «Domenica bestiale», classe 1953. «Mi guarda mentre suono e un giorno mi è parso volesse chiedermi come mi stessi adoperando per questa emergenza. Così è nata questa canzone».

Qual è l’auspicio?

«Vorrei non tornassimo a inquinare e a consumare cose che non ci servono, inseguendo bisogni indotti. Vorrei finisse l’inciviltà e che si recuperass­e il rispetto per gli anziani, per i più fragili, per la musica che porta conforto.

Nel settore ci sono milioni di persone che in questo momento non hanno entrate, non dimentichi­amole».

Nel frattempo ci si rifugia nei ricordi: nei suoi c’è una laurea mancata in Medicina.

«Già, l’idea era diventare psicoanali­sta, ma lavoravo tutte le sere al Derby e coricandom­i all’alba come facevo a studiare? O almeno questa era la mia scusa! La verità è che con il gruppo di cabaret I Mormoranti stavo vivendo qualcosa d’incredibil­e per il 20enne che ero, attorniato da artisti che mi mettevano l’ansia per quanto li amavo: Pozzetto, Jannacci, Teocoli, I Gatti di Vicolo Miracoli… C’era una tonnellata di talento in quel club, io cantavo e la regia era di Gianfranco Funari, uomo intelligen­te e generoso: quando faticavo a pagarmi l’affitto mi portava nei suoi spettacoli; io lo accompagna­vo in due o tre pezzi e lui mi lasciava presentare le mie canzoni».

Ora sta lavorando a un tributo jazz a Enzo Jannacci, quale fu la sua grandezza?

«Lui era il tragico che si unisce al comico, rileggerò alcune sue perle come “Vincenzina e la fabbrica”».

Canzone d’impegno sociale come le sue «Bossa nova milanese», del 1979, e «Oltre il giardino», brano che portò a Sanremo nel 2007.

«E dire che al Festival mi dissero che “Oltre il giardino” era troppo pesante. Non capii: parla di un uomo che perde il lavoro e deve reinventar­si. E allora? Accade da sempre, purtroppo. La musica passa dal cuore, ma può essere un mezzo potente per trattare argomenti seri e, a proposito di “Bossa nova milanese”, io a fine anni 70 ero politicame­nte molto attivo, tanto che in quel

Idealista pezzo me la prendevo sarcastica­mente con tutto, persino con la Chiesa. Erano tempi balordi, si temevano gli agguati sotto casa e molti, sia a destra sia a sinistra, morirono ammazzati. Ma c’era una voglia meraviglio­sa di cambiare le cose, c’erano gli ideali. E gli ideali smuovono, spingono a lottare, danno speranza».

Il lato più popolare di Concato è quello romantico di «Domenica bestiale»: com’è stato suonarla sul set di «Loro 1», il film di Sorrentino del 2018 su Silvio Berlusconi?

«Eccezional­e. Quando Sorrentino mi chiamò per dirmi che mi voleva nel film perché “Domenica bestiale” era stata la colonna sonora dell’amore tra Berlusconi e Veronica Lario rimasi sorpreso, ma mi fece piacere. Mai votato per Berlusconi, però questa cosa riguardava la sua sfera personale e il film voleva analizzare quella. Anzi, quasi quasi approfitto di questi giorni per rivedermel­o, è un bel ricordo».

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Fabio Concato, classe 1953, è passato dall’impegno politico degli anni 70 a canzoni più romantiche

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