La sanatoria delle polemiche potrebbe valere per cinque mila
Nel Decreto Rilancio approvato mercoledì dal Consiglio dei ministri ha trovato spazio anche la mini sanatoria a tempo (6 mesi) per braccianti agricoli e badanti. La stima delle persone regolarizzabili a livello nazionale, secondo stime del Ministero dell’Interno, è di circa 200 mila, meno di un terzo di quanti si ritiene siano gli immigrati irregolari presenti sulla penisola. Facendo una stima analoga per la provincia di Brescia, dove secondo l’Osservatorio regionale Orim gli irregolari presenti sono poco meno di 15 mila, la platea che potrebbe essere potenzialmente interessata dalla sanatoria è di circa 5 mila persone. Facile immaginare che il numero di richiedenti sarà però ben superiore, contando che gli irregolari sono appunto il triplo. La storia dell’immigrazione in Italia è d’altronde una storia di sanatorie, dalla Legge Martelli del 1990 al decreto Dini del 1995 fino alla TurcoNapolitano del 1998, alla Bossi-Fini del 2002 (la più imponente in termini numerici: 650 mila regolarizzazioni) fino a quella di Maroni nel 2009. In ogni occasione, visto che c’erano strettoie di qualche natura, fiorirono badanti maschi, mungitori che mai avevano visto una cascina o muratori che non sapevano dell’esistenza delle livelle. A Brescia, in particolare, due furono le proteste per allargare le maglie delle sanatorie diventate famose: l’occupazione di piazza Loggia nel 2000 e quella della gru nel cantiere della metropolitana nel 2010. L’attuale sanatoria a tempo è già accompagnata da plausi (Flai Cgil), malumori politici (Lega e non solo) o delle stesse associazioni di categoria agricole (che ritengono insufficiente e poco adatto a riempire i campi di manodopera il provvedimento). C’è anche chi critica la sanatoria nella sua stessa impostazione, come ad esempio l’associazione Diritti per Tutti che, ieri mattina, ha promosso un flash-mob in mascherina davanti alla prefettura. «Regolarizzare solo chi lavora nell’agricoltura o nell’assistenza alle famiglie è frutto di una cultura neo colonialista - afferma l’avvocato Manlio Vicini -, che vede nel migrante solo braccia utili al sistema economico. Ciò è tanto più grave in un momento, nel quale la diffusione del Covid-19 richiede che il diritto alla salute sia assicurato con pienezza a tutte le persone, indipendentemente dalla loro provenienza e dal fatto che lavorino o meno». Sullo sfondo anche il decreto sicurezza, ancora operativo, destinato secondo molte associazioni ad aumentare il tasso di irregolarità dei migranti presenti in Italia. D’altronde se tanti migranti oggi chiedono protezione è anche perché da anni non esistono altri canali di ingresso nel paese.