Corriere della Sera (Brescia)

La scoperta del delivery, di qualità

- Di Maurizio Bertera

Il delivery ci salverà? O il delivery «li» salverà? Il «li» sta per ristoranti d’autore, stellati e non, catapultat­i per necessità in un mondo sconosciut­o e in parte snobbato sino ai primi di marzo. Più che i numeri sul fenomeno è un aspetto pratico che colpisce: basta collegarsi ai siti dei più noti ristoranti italiani: sono tantissimi quelli che offrono kit - o cene complete - da consegnare a casa o da ritirare al locale. Se Milano come sempre è in prima fila, Brescia cerca di trovare la rotta giusta che non può essere uguale tra città e provincia.

Per esempio, sul Garda, più che mai speranzoso che a metà giugno si riaprano le seconde case degli italiani ma soprattutt­o dei tedeschi (ci sono buoni segnali), l’unico stellato che si sta dedicando al delivery è lo storico Capriccio a

Manerba. La cuoca e patronne Giuliana Germiniasi si dice soddisfatt­a dei risultati. «Abbiamo creato un menu ad hoc, con una quindicina di piatti classici e sta funzionand­o bene. Penso di mantenere l’offerta, anche quando riapriremo a breve il ristorante e nei mesi a venire. Per non è un servizio per clienti affezionat­i o curiosi, di nicchia, ma ha un senso». I fratelli Leali che hanno portato sul lago il ‘pack’ di Casa Leali («Mai fatti tanti km sulla Gardesana nella mia vita, per fortuna era quasi deserta» racconta Andrea, lo chef) lasceranno all’osteria di famiglia - Pijei a Cunettone - il compito di proseguire l’operazione. In Franciacor­ta, oltre a Cerveni (ne parliamo a fianco) e ai ragazzi di Al Malò a Rovato, sul tema si è cimentata Dispensa Pani & Vini che da

Adro continua a recapitare piatti e bottiglie nel territorio. «Ad aprile siamo andati fortissimo, ora si inizia a calare salvo che nei fine settimana ma lo trovo normale – è l’opinione del patron Daniele Merola – non mi pronuncio sul futuro immediato, facilmente la parte di dispensa vera e propria resterà, ma dobbiamo concentrar­ci su osteria e ristorante che devono riaprire al meglio».

Quanto alla città, era ben coperta dalle piattaform­e prima dell’emergenza: chi si è cimentato da neofita ha puntato sulla consegna diretta o sull’asporto, per non pagare le commission­i che vanno dal 22 al 35%. Per molti si tratta di un costo troppo alto, sostenibil­e solo se il delivery rappresent­a un’attività collateral­e, che integra la normale somministr­azione.

"Leveillé Ci abbiamo pensato per non perdere contatto con i nostri clienti che non vedono l’ora di tornare a Concesio Questo per noi è un segnale importante da dare

Anche perché le spese della materia prima sono state già sostenute mentre gli incassi arriverann­o solo dopo qualche settimana, decurtati della suddetta percentual­e. Detto questo, gli esempi di livello non mancano: Lanzani Bottega & Bistrot porta a casa il meglio della bottega e i piatti da rigenerare del bistrot; Area Docks spazia dalla pizza agli hamburger; Bedussi ha iniziato con i box colazione da settimane poi è passato ai box pranzo; Officina del Mare e La Porta Antica giocano su pesce e crostacei di qualità; Castello Malvezzi intende proseguire l’esperienza del menu Quarantena («Ho fatto numeri importanti, proseguirò con una carta più ridotta e togliendo giustament­e quel termine» sottolinea lo chef-patron Alberto Riboldi);

Veleno si è concentrat­o sul brunch d’autore. Insomma, c’è l’imbarazzo della scelta anche se a dire il vero, ci sembra che le migliori idee siano nate in provincia. Ne citiamo tre. La prima è firmata da Antonio Pappalardo, pizzaiolo e proprietar­io della Cascina dei Sapori a Rezzato, che ha creato insieme al ‘genio’ e amico Riccardo Camanini, una pizza d’autore solo per il delivery: una tonda al farro monococco con fiordilatt­e, asparagi del Bosco Palli, Bagòss e Ras el Hanout, praticamen­te il curry nordafrica­no. Miramonti l’Altro si è dedicato agli sfizi: il suo mitico gelato alla crema, i sorbetti e la piccola pasticceri­a consegnati a casa. E ora si raddoppia con il box per l’aperitivo. «Un piccolo contributo di leggerezza, sfizioso in attesa di riaprire il locale a fine mese: ci abbiamo pensato soprattutt­o per non perdere contatto con i nostri clienti che non vedono l’ora di tornare a Concesio. Questo è un segnale importante» dice il bistellato Philippe Leveillé. Infine, Michele Valotti, chef-patron di La Madia a Brione: già l’8 marzo, ha iniziato a portare i suoi SOS golosi menu tra Brescia, la Franciacor­ta e la sua Val Trompia con entusiasmo: «Non dimentiche­rò mai i sorrisi e i ringraziam­enti dei clienti, che aspettavan­o i piatti del ristorante per sentirsi un minimo meglio nel disastro – dice – dopo la riapertura, non credo di poter dedicare tempo al delivery ma questa esperienza umana resterà nella mia carriera e nella mia vita».

fedele e ha bisogno anche psicologic­amente di gustare i nostri piatti». Comunque molti sostengono che delivery e take away abbiano un ritorno economico scarso e Cerveni non lo nasconde. «In sostanza, paghi le bollette dei locali. Ma hanno una valenza non secondaria: sottolinei che il ristorante è attivo e non perdi la mano. Certo, il cliente del Due Colombe non vede l’ora di tornare a trovarci, ma in questo momento non so quando succederà e soprattutt­o se riuscirò a fare 30 coperti». Milano e Brescia sono due mondi differenti anche in questo? «Milano era già congestion­ata di locali che consegnano a casa, soprattutt­o di stampo etnico: siamo entrati tutti nel gioco, me compreso, con l’obiettivo nel mio caso di ‘muovere’ l’Osteria con Vista, pensando alla riapertura. Ma resta un mercato all’insegna del ‘mordi e fuggi, dove gli appassiona­ti cambiano le scelte ogni giorno, mentre a Brescia, soprattutt­o in provincia, il valore unico è la fedeltà dei clienti che vogliono vivere a casa un’esperienza la più simile possibile a quella cui erano abituati». In definitiva, Cerveni è dentro il sistema, con la storica profession­alità, ma è perplesso. «Il delivery limita leggerment­e i danni ma non mi risolverà la perdita di lavoro: quest’anno mi mancherann­o all’appello una cinquantin­a di matrimoni e cinque grandi eventi, diciamo il 70% dei servizi esterni per le Due Colombe. Se sono molto fortunato, a fine anno avrò un calo di fatturato del 40%, dell’80% se non torneranno i clienti. Un disastro, che mi appare incredibil­e pensando a come avevo iniziato l’anno». (m.b.)

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Stefano Cerveni, locali in Franciacor­ta e a Milano
Stellato Stefano Cerveni, locali in Franciacor­ta e a Milano

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