Commercio, a rischio 1 posto di lavoro su quattro
L’asporto si fa anche di qualità
Non ha risanato i bilanci, che resteranno di lacrime e sangue, ma ha fidelizzato clienti e aperto spiragli nel buio. È l’asporto, che ha conquistato i locali di qualità.
La crisi ce l’abbiamo davanti, non è alle spalle. Pierluigi Ascani, presidente della società Format Research, ha curato lo studio sull’impatto del Covid sul terziario bresciano per Confcommercio e il concetto lo ribadisce più di una volta. Lo studio — realizzato circa un mese fa attraverso un’indagine telefonica tra un campione rappresentativo di imprese ed elaborando dati Istat o Infocamere — conferma le peggiori previsioni. Il primo numero racconta il valore aggiunto del terziario: le previsioni per il 2020 dicono che in provincia di Brescia si perderanno qualcosa come 2,6 miliardi di euro, l’11% circa.
"Massoletti I dati bresciani sono peggiori di quelli nazionali
Se la caduta del fatturato è già visibile in questo momento, gli effetti sull’occupazione arriveranno tra qualche mese, tra agosto e settembre. Lo studio stima una possibile perdita di 54 mila occupati, ovvero il 28% del totale. Le imprese che rischiano di chiudere per non più riaprire e non essere sostituite da altre, sono oltre quindicimila. I numeri sono impressionanti e fanno il paio con il crollo della fiducia delle imprese, il fabbisogno finanziario, la domanda di credito, le difficoltà crescenti annesse. «I dati bresciani sono peggiori di quelli nazionali — sottolinea il presidente di Confcommercio Brescia Carlo Massoletti —. L’impatto sul turismo è gravissimo, ricordo che il 70% delle presenze bresciane sono turisti dall’estero. Ed è per questo che chiediamo uno sforzo ulteriore da parte degli enti locali e dello Stato: qui si rischia di modificare per sempre il tessuto economico e produttivo delle imprese territoriali». Cosa significa sostenere? Di fatto c’è solo l’imbarazzo della scelta sulle linee d’intervento: burocrazia, accesso al credito, flessibilità sul fisco. «Altre amministrazioni locali si sono già mosse sul rinvio Tari, imposta pubblicità, occupazione suolo pubblico: a Brescia non abbiamo ancora avuto segnali in tal senso», dice Massoletti. Secondo il quale servono anche risorse a fondo perduto: «A2A distribuisce dividendi molto alti, altre partecipate non sono più strategiche, si possono sospendere i mutui per la metropolitana». Esagera? «Serve consapevolezza che il momento è straordinario. Noi abbiamo bisogno di vicinanza. Ci sono situazioni sempre più difficili e complicate, tanti commercianti sono disperati e si sentono abbandonati. Hanno bisogno di vedere che lo sforzo viene fatto tutti insieme». Un appello accorato, urgente. «La crisi è davanti, non alle spalle — sottolinea Pierluigi Ascani —. Rispetto alla crisi del 2008 la perdita di Pil prevista è quasi doppia. Non siamo in grado di dire come saranno i prossimi mesi, se ci sarà una ripresa a V, a U o altro ancora. Ma se non ci saranno ricadute, se impareremo a convivere con il virus, il 2021 potrà essere di ripresa
a fronte di aiuti alle imprese». Che è un po’come dire che, per il periodo, la mano invisibile del mercato che tutto mette a posto è meglio lasciarla alla teoria economica. Di certo sta mutando anche profondamente il modello di organizzazione aziendale, di offerta e di consumo, come evidenziato dalla stessa ricerca presentata da Confcommercio. «La grave emergenza sanitaria ha sconvolto tutti gli equilibri organizzativi delle imprese — si legge nello studio —: del tutto annullate le fiere previste, la pandemia in corso ha impattato in misura elevata sulla gestione dei fornitori e dei clienti. Il 41% delle imprese di Brescia tuttavia è risultata soddisfatta delle soluzioni adottate per fronteggiare la gestione del personale. Meno soddisfacenti le soluzioni adottate per i clienti e i fornitori. Il rispetto dei pagamenti e delle scadenze degli oneri contributivi e l’approvvigionamento di materiali e scorte sono le maggiori difficoltà riscontrate dalle imprese durante il periodo dell’emergenza sanitaria». L’emergenza ha inoltre profondamente mutato le modalità di vendita: a negozi chiusi in tanti hanno sviluppato come mai avevano fatto prima ecommerce e consegne a domicilio.
Prima del Covid solo il 12% delle piccole imprese del terziario utilizzava la vendita online, oggi questa percentuale è salita al 36% e oltre la metà di questi afferma che continuerà a farlo anche in futuro. Stesso discorso per le consegne a domicilio, passate dall’8% delle imprese al 21%. Due su tre di questi le farà anche in futuro. Aumenta in modo vertiginoso il numero di imprese in crisi, alcuni scoprono e valorizzano nuove modalità, muta il paesaggio del commercio in modo radicale. Confcommercio chiede aiuti al settore, perché le vittime potrebbero essere tante in tempi brevi.