Fratus, forzati i sigilli Amianto nel torrente
Ci sono andati su delega della procura, per quantificare i materiali ancora presenti nella fabbrica: i carabinieri del Noe e di Grumello, i tecnici di Ats Brescia e Bergamo, un consulente del pm Antonio Bassolino titolare del fascicolo sulla presunta «bomba ecologica» sul confine tra le due province . Tutti alla Fratus snc di Castelli Calepio (commerciava prodotti per l’edilizia, è in liquidazione dal 2012), perché sono le fibre di amianto dei fabbricati ormai dismessi che, alla prima folata di vento, si disperdono fino alle case. E a Palazzolo. Una volta sul posto la «sorpresa»: sigilli forzati in uno dei capannoni sotto sequestro. Non solo. Tracce di eternit sono state trovate in un torrente vicino all’azienda che arriva fino al Bresciano. Altri frammenti di inquinante sono stati sequestrati. Gli indagati ad oggi sono quattro (ma non si esclude l’inchiesta si allarghi, anche in relazione ai reati, compresi quelli contro la pubblica amministrazione) e rispondono di disastro ambientale colposo, omessa bonifica e rifiuto di atti d’ufficio: i vertici della Fratus — Luigi e Patrizia, padre e figlia omonimi, di Palazzolo: esclusa per loro l’accusa relativa agli atti d’ufficio — , la responsabile dell’ufficio tecnico del Comune di Castelli Calepio, Lucia Andriola, che avrebbe «temporeggiato» ritardando le procedure e le risposte ai cittadini, e il sindaco Giovanni Benini. (m.rod.)