Il gusto di rileggere il Manzoni migliore ai tempi dell’epidemia
Manzoni e «La colonna infame» ai tempi del Coronavirus tra analogie e vecchie paure
«Alessandro ManzoniLa peste a Milano»: è il titolo didascalico, apodittico ed essenziale, di una elegante plaquette che Morcelliana –Scholè ha appena mandato in libreria. Vi sono raccolti due testi di merito e due saggi di accompagnamento. I primi sono i capitoli 31,32 e 34 dei Promessi Sposi, con l’aggiunta dell’appendice originaria di quello storico romanzo, il celeberrimo «storia della colonna infame». I capitoli tratti della saga di Renzo e Lucia sono quelli dedicati dal Manzoni al racconto della peste e dei suoi riflessi sui comportamenti dei lombardi al tempo della virulenza, nel 1630. Vi si incontrano incredibili rimandi a ciò cui abbiamo assistito in queste settimane, sgradevoli analogie, straordinarie somiglianze. Ed è come un memorandum morale, una sorta di ammonimento per la storia degli uomini. La peste, allora come oggi, ci riguarda, tutti, rende più visibile il nodo fra i destini dei singoli, mette in luce dolori e drammi dell’esistenza.
Il secondo testo centrale è quel saggio dal titolo «storia della colonna infame» che sta a metà fra un’inchiesta di cronaca nera e un trattato sulla tortura, discusso e commentato da tutti i giuristi, da tutti gli storici e da tutti i filosofi della ragione, perché, a sua volta, è un documento di rara forza civile contro le ingiustizie, la ferocia, l’ignoranza del popolo, la protervia delle classi dirigenti, le colpe dei governanti, le responsabilità dei giudici che nel 1630 condannarono ad atroci supplizi alcuni innocenti rei ingiustamente di aver propagata la peste.
Messi insieme questi due testi formano la memoria della grande letteratura, una lettura agile ,un documento di rara intensità storica, un racconto commosso e che commuove, con quel capolavoro di ogni tempo che sono le righe sulla «madre di Cecilia», parole di una musicalità e bellezza inarrivabili, per il racconto della figura di una giovane madre che deposita il corpicino della figlia, distrutto dalla peste, sul carro dei monatti. Sono righe che le generazioni popolari del dopoguerra imparavano a memoria e recitavano come il rosario di una identità lombarda.
I due saggi collaterali che compongono il volume e ne integrano la qualità della scrittura portano le firme di Piero Gibellini e di Mino Martinazzoli. Gibellini, il più autorevole fra i filologi italiani, con una scrittura elegante e accurata detta l’introduzione al libro, in una preziosissima sintesi critica, forte di una minuziosa conoscenza della tela manzoniana, e anche di una esegesi acclarata della prosa di Mino Martinazzoli, quarto pilastro della raccolta.
Martinazzoli, che la cultura cattolico liberale ha molte volte accumunato al pensiero civile di Alessandro Manzoni, scrisse nel 1985, in occasione del bicentenario della nascita del gran lombardo, una sorta di arringa, «pretesti per una requisitoria manzoniana», nella quale rilegge la «storia della colonna infame» come una petizione postuma per l’assoluzione dei condannati e la condanna morale dei giudici. Nel testo Martinazzoli ricordava il rapporto fra la colpa e la pena, le responsabilità dei singoli e le astuzie del potere, per trarne un arioso saggio sulla necessità di una «amorevole intelligenza della condizione umana». Quella ricerca valse a Martinazzoli la nomina nel comitato nazionale di studi manzoniani e lo fece interlocutore di alcuni fra i maggiori intellettuali italiani, dal cardinale Martini a Norberto Bobbio.
Al fine, questo volume della Scholè una sintesi straordinaria dello stigma manzoniano, di illuminante attualità. Soprattutto per la nostra originalità lombarda. Che nell’interminabile sconfitta di ogni peste non trova mai un buon motivo per smettere di lottare. La ostinata ricerca della verità è il filo conduttore dell’opera manzoniana, nella lettura della peste. Avanza in senso contrario al disincanto, ne dissolve la nebbia insopportabile, contraddice il cinismo ironico dell’egoismo, e l’aria spavalda di quelli che fanno finta di saperla lunga da sempre.
Il valore
Messi insieme i due testi rappresentano la memoria della grande letteratura