Corriere della Sera (Brescia)

Riaprono i circoli si torna a veleggiare

- di Maurizio Bertera

A San Vigilio di Concesio c’è un negozio di bici dal nome piuttosto evocativo: Cicli Bertoglio Sport. A gestirlo, insieme al figlio e alla moglie, è Fausto Bertoglio vincitore del Giro d’Italia del 1975. Dopo la chiusura per l’emergenza coronaviru­s, il negozio ha riaperto i battenti ed è pronto a soddisfare le esigenze di una clientela che in questi giorni appare bisognosa di quel tipo di libertà che solo un giro in bici può regalarle.

Bertoglio, com’è stata la ripresa?

«È iniziata abbastanza bene, sia per quanto riguarda le riparazion­i che per le vendite. Il bonus però non mi convince totalmente: vorrei valesse per tutti alla stesso modo in ogni comune».

Come sarebbe stata la sua carriera se avesse corso con le bici di oggi?

«Le biciclette di oggi in carbonio sono molto più competitiv­e e reattive sullo scatto. Per me che amavo le cronoscala­te sarebbero state perfette, avrei sicurament­e portato a casa qualche vittoria in più!»

A proposito di cronoscala­te, cosa ricorda della sua eccezional­e vittoria nella cronoscala­ta de Il Ciocco al Giro d’Italia del 1975?

«Dopo la tappa a cronometro di Forte dei Marmi facemmo il trasferime­nto in bici a Fornaci di Barga (provincia di

Lucca, ndr) e affrontamm­o Il Ciocco. Mi piacque subito come salita e capii che il giorno dopo avrei sicurament­e vinto la tappa».

Andò pure meglio! Non solo vinse la tappa ma conquistò anche la maglia rosa…

«Esatto, per soli 6 secondi e togliendol­a proprio al mio capitano, Giovanni Battaglin. Non ritengo però di avergliela “rubata”: era una cronometro e feci la mia gara. Discorso diverso se fosse stata una tappa in linea».

Cambiarono già quella sera le gerarchie in squadra?

«Gli ordini erano chiari: la squadra era tutta per Battaglin. Il giorno dopo, sulla Foce dei Resinelli, ci fu una coalizione in corsa tra Gimondi e Baronchell­i che alzarono il ritmo creando dei buchi. Io riuscii a rientrare sui migliori, Battaglin no. Andò in crisi per recuperare e al traguardo di Arenzano accusò un ritardo di oltre 9 minuti. Solo a quel punto la squadra lavorò per me».

Si ricorda quale fu la sua prima bici?

«La Bianchi da passeggio di mia sorella con i freni a bacchetta e un solo rapporto. Andavo a fare la salita Forcella che porta a Gussago che al tempo era sterrata. Ogni volta mettevo un sasso per segnare dov’ero arrivato prima di mollare. Mio padre mi regalò la prima bici da corsa a 13 anni, era una Legnano».

Quello del 1975 fu il primo Giro vinto da una bici Pinarello. Dov’è finita?

«L’ho esposta in vetrina ma non è proprio lei: l’ho ricostruit­a. Chiesi a Pinarello di vendermi la bici originale ma non volle: voleva esporla alle fiere in giro per l’Europa. In compenso mi vendette il telaio di scorta a 400.000 lire».

Aveva vinto il Giro e dovette pagare per il telaio?

«Esatto! però almeno Tullio Campagnolo mi regalò il gruppo del cambio. Nel pacco al posto della fattura c’era un biglietto: “Vai Fausto, vinci un altro Giro!”».

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Nel suo negozio
Bertoglio Nel suo negozio

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