La ricetta giusta per il Servizio sanitario nazionale
Ho letto il 13 maggio l’intervento dell’amico dottor Alessandro Signorini sul futuro del Ssn prendendo spunto da una ipotesi del prof. Silvio Garattini che propone una gestione privata, senza finalità di lucro, con un riferimento al modello sanitario della Germania. L’ipotesi prevedrebbe la creazione di una leadership strategica guidata da una “tecnocrazia illuminata” con il compito di dare indicazioni gestionali sulla base di evidenze scientifiche come si è fatto, in parte con successo, in questa fase dell’emergenza COVID-19. Mi meraviglio che non si accenni al problema del “regionalismo” che ha dimostrato tutti i suoi difetti anche se tale sistema è presente anche in Germania. L’ipotesi proporrebbe, inoltre, per tutto il personale un contratto di lavoro subordinato, ritengo unico, per tutti i medici. Questo è un problema dibattuto da anni ed anche oggi proposto da una parte dei medici convenzionati che ritengono il loro lavoro una forma di «parasubordinazione» molto vicina alla dipendenza. Il problema non è solo l’unificazione dello stato giuridico, ma il recupero per tutti dell’autonomia professionale soffocata dall’apparato politicoamministrativo che impone un pesante, insopportabile, carico burocratico imposto anche da un sistema gerarchico sia ospedaliero, sia universitario di tipo “borbonico” che mortifica il lavoro di gruppo e in équipe. Per tali motivi i medici convenzionati, più liberi per gli aspetti professionali e gestionali, restano molto critici sul passaggio alla dipendenza come anche recentemente proposto in
Lombardia dalla maggioranza politica del Consiglio regionale. Sul piano economico il personale medico (e non solo) vede, al momento, un’ ampia diversificazione contrattuale la cui unificazione è certo difficile, ma non impossibile anche se richiederebbe una consistente rivalutazione verso l’alto e l’estensione di alcuni istituti di tutela e garanzia. In particolare i contratti più penalizzanti sono quelli applicati nelle strutture private (profit e non profit) che prevedono retribuzioni più basse rispetto ai contratti pubblici più performanti anche se già inferiori a quelli medi europei del 50% circa. L’ipotesi non prevede, inoltre, la soluzione alle gravi carenze organiche ( mediche e non solo) rispetto ai pesanti carichi di lavoro che condizionano negativamente le attività professionali, anche di formazione e ricerca, l’assistenza a tutti i livelli e hanno pesanti ripercussioni sociali e familiari. Tali carenze organiche sono determinate dai blocchi pluriennali delle assunzioni e, come noto, da insufficiente formazione specialistica del personale medico che rappresenta un altro grave problema che deve risolvere lo Stato tramite le Università. L’insieme della carenze di formazione, ricerca, basse retribuzione e blocco delle assunzioni determina il devastante fenomeno della “fuga dei cervelli”. Su tutto domina il tema del sotto finanziamento complessivo del Servizio sanitario perché pur tagliando i guadagni del settore privato profit e degli sprechi di quello pubblico, non penso che le attuali risorse siano sufficienti a ridare efficienza alla Sanità Italiana.