I cereali d’altri tempi che cambiano il rapporto con il terreno
Esiste una forza centripeta nel cibo, un irradiamento ben al di là dell’edonismo culinario e mediatico da master chef che abbonda nei programmi televisivi. Da esso dipendono decisioni di fondamentale importanza, la programmazione del territorio, le scelte agricole che determinano la struttura e l’estetica del paesaggio, le scelte ecologiche e le grandi questioni riguardanti la salute degli esseri viventi e della terra, prioritaria fonte di sostentamento.
Nel Parco Naturale Oglio Sud la vista dei più sensibili può essere colpita da una estensione agricola inserita tra le monocolture che fanno della pianura una tabula rasa. Una terra diversa transitata a paesaggio agricolo, come un passaggio nel tempo tra ricordo del passato e salto verso ciò che l’agricoltura non potrà non diventare, luogo dell’armonia tra natura e lavoro umano, della pacificazione tra terra e uomo. Campi di bianche infiorescenze in un paesaggio valorizzato da siepi riemerse da memorie di antica agricoltura. È la coltivazione del grano saraceno, usato nell’alimentazione come alternativa ai cereali e con cui si produce la tipica farina. Introdotto dalla Cooperativa biologica Iris fondata a Calvatone da Maurizio Gritta all’inizio degli anni ’80, basata su una proprietà collettiva indivisa di quaranta ettari di terra agricola, arrivata ora a un totale di 65 soci, che si avvale di una filiera in cui sono coinvolte duecento aziende di undici Regioni italiane.
«L’amore per la terra e la natura è un filo conduttore che non ha confini, questo il messaggio trasmesso dalla mia famiglia», dice Maurizio, tempra determinata e anima di rivoluzionario sognatore. Cereali quasi scomparsi in Italia sono stati qui reintrodotti, tra cui il grano duro Senatore Cappelli molto diffuso al sud, l’orzo da caffè che, mescolato alla veccia coltivata per la pratica del sovescio, rivela il messaggio della coltivazione biologica, cui si aggiungono coltivazioni di legumi, ortaggi freschi e la varietà di pomodori per confezionare la passata. «Abbiamo piantato venti chilometri di siepi, viburno selvatico, rosa canina, sambuco e alberi, pioppi e salici, la vegetazione locale, preziose per la ricostituzione dell’ecosistema a protezione naturale del coltivare biologico. Con questo metodo si interviene sull’equilibrio e la salute del terreno, a cominciare dalle lunghe rotazioni».
La finalità del progetto è il benessere dell’ambiente nella simbiosi di natura e uomo visto come «soggetto partecipante».