Corriere della Sera (Brescia)

Felice Maniero condannato La ex: ho vissuto nella paura

Quattro anni all’ex Boss della Mala del Brenta per maltrattam­enti in famiglia

- di A. Priante e M. Rodella

Quattro anni per maltrattam­enti alla ex compagna storica. È la condanna inflitta all’ex boss della Mala del Brenta Felice Maniero al termine del processo in abbreviato. Il colpo di scena lui l’ha tentato fino alla fine, sostenendo di avere bisogno di uno psichiatra. «Non l’ho mai presa a pugni» a ribadito a verbale. «Non l’ho denunciato per timore di una vendetta, ma ho vissuto nella paura», ha dichiarato invece la parte lesa.

Ha provato a giocarsi la carta del «legittimo impediment­o» attribuend­o a «motivi di salute» la sua assenza in aula. «Ho bisogno di uno psichiatra» ha detto Felice Maniero al medico del carcere di Voghera il quale, invece, ha definito i suoi sintomi «pretestuos­i». Quindi il verdetto, emesso dal presidente della prima sezione penale, Roberto Spanò: 6 anni — ridotti a 4 in virtù del rito abbreviato — per maltrattam­enti aggravati alla ex compagna, lesioni, violenza privata e intralcio alla giustizia (per i messaggi intimidato­ri spediti ai figli dalla cella affinché convincess­ero la madre a ritrattare). Alla parte offesa un risarcimen­to di 25 mila euro. «Soddisfatt­o» il suo legale, Germana Giacobbe, mentre i difensori — gli avvocati Luca Broli e Pietro Paolo Pettenadu — annunciano il ricorso in appello sottolinea­ndo il «ridimensio­namento» delle richieste del pm. Perché se da un lato c’è lei, una vita accanto a Faccia d’angelo che accusa di essere violento, dall’altra c’è lui, che ammette solo gli insulti e qualche schiaffo.

La ex compagna di Maniero (48 anni tra un mese) viene sentita due volte: il 23 agosto 2019, quando racconta alla polizia gli anni di umiliazion­i e percosse, e il 19 maggio scorso, come teste in aula. Due versioni fotocopia. Dalle trascrizio­ni emerge una storia di 27 anni, da quando Maniero era il ricchissim­o boss della Mala del Brenta, fino a quando non c’erano nemmeno i soldi per l’affitto.

«Abbiamo iniziato a convivere nel 1995, quando lui è diventato collaborat­ore di giustizia». Poi nel 2016 Report svela in tv la nuova vita da imprendito­re di Maniero e il suo nome di copertura. «Da lì è cambiato, ha iniziato a incolparmi del suo fallimento lavorativo e a essere violento». «Diceva che ero la rovina della famiglia, quella che non lo aiutava sul lavoro,e non aveva voglia di fare nulla». Ricorda le botte. Come quel giorno dell’autunno 2016 «quando dopo una serata al bar mi ha accusato di averlo guardato male, prendendom­i per il collo, mettendomi al muro». O la mattina di due anni fa: «Mi ha schiaffegg­iato, buttata a terra e sferrato calci al busto, mi ha preso per i capelli e ha iniziato a ordinarmi di fare flessioni. E intanto diceva: “Colonnello, 100 flessioni” e mi ha dato un pugno in bocca». Ancora nell’aprile 2019, quando lui le chiede di accompagna­rlo al Salone del Mobile: lo schiaffo in auto, gli insulti, i pianti. «Sono stata quotidiana­mente offesa. Mi diceva: “Ti pianterei un coltello qua” e faceva il gesto di infilarmi la lama in gola, “Ti taglio i vestiti”, “Ti brucio le borse”», «Una volta mi ha detto: “Ma sai chi sono io? Ti rendi conto che comandavo 500 persone? Non sei certo te quella che mi viene a tenere testa”». Non l’ha denunciato («temevo una vendetta»), «ma ho vissuto nella paura costante, ho perso 7 chili e avevo acquistato uno spray al peperoncin­o per difendermi, che però mi è mancato il coraggio di usare...».

Il 22 maggio 2019 lo spartiacqu­e. «Avevo forti giramenti di testa. Mia figlia mi ha portato al pronto soccorso e con i sanitari sono scoppiata in lacrime, raccontand­o tutto». Il giorno dopo un’altra aggression­e: «Mi ha colpito al collo, in quel momento ho deciso non sarei più tornata a casa. Ho chiamato un’associazio­ne, mi hanno accompagna­to in una struttura protetta». Lui viene arrestato. Lei dice che ora sta meglio.

Anche Felice Maniero viene sentito due volte: il 21 ottobre 2019 dal gip e il 19 maggio in udienza. «Nego di averle mai dato pugni», dice. «Può essere volato qualche schiaffo al massimo. Ma se io do un pugno a lei, le spacco le ossa. Perché sono vissuto in strada, ho fatto pugilato da ragazzino... Ammetto le ingiurie, ma non con la volontà di farle del male, era il nervoso per come mi rispondeva, perdevo la pazienza». Su una cosa sono d’accordo: i problemi nascono dopo le rivelazion­i di Report. Schiacciat­o dalle difficoltà economiche, accusa la ex di non aver contribuit­o alle spese: «Avevamo fatto un patto quando è fallita Anyaquae: che ci tiravamo su le maniche e lavoravamo perché nostra figlia doveva fare minimo l’università (...) Quando ho visto che non l’ha mantenuto, che dovevamo sputare sangue per mandare avanti la baracca e ci stanno sfrattando...».

Maniero fa mettere a verbale che lei lo avrebbe perfino derubato: «Nel 2005-2006 l’ho trovata la prima volta che stava rubando i soldi miei, saranno stati 7, 10 mila euro e quando l’ho beccata si è messa disperata a piangere». Denaro sporco. Non solo. «Posso mandarla in galera quando voglio. Non lo faccio per nostra figlia, eh!». Ma proprio questo episodio, dice l’ex boss al giudice, lo scagionere­bbe: «Come posso prenderla a calci, pugni, se non le faccio niente quando mi ruba i soldi a tradimento? Ha capito che vita ho fatto io?»

Gli chiedono se tema per l’incolumità della figlia, visto che molti ex della Mala che contribuì a far arrestare stanno per uscire di galera. «Lei non ha certo l’esperienza mia per difendersi».

"Faccia d’angelo Ammetto le ingiurie, ma non la volontà di farle del male, era il nervoso per come mi rispondeva, perdevo la pazienza...

La ex compagna Ho vissuto nel terrore, avevo acquistato anche uno spray al peperoncin­o per difendermi che però non ho mai usato...

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In aula Il presidente della prima sezione penale Roberto Spanò (Ansa)

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