Corriere della Sera (Brescia)

Picchiata da Maniero: «Denunciate!»

Racconta la sua storia dopo la condanna dell’ex boss della Mala del Brenta

- di Andrea Priante

Per anni è stata picchiata dal compagno, non uno qualunque, ma Felice Maniero, l’ex boss della Mala del Brenta. Ora, dopo la condanna dell’altro giorno per maltrattam­enti, la ex fa appello a tutte le donne: «Trovate la forza di denunciare».

«Almeno spero che tutto ciò che mi è capitato possa servire ad altre. Ora che sono al sicuro in una struttura protetta, ora che alcune persone si stanno prendendo cura di me, ho finalmente capito quanto sia importante trovare il coraggio di ribellarsi. È questo che voglio dire alle donne: se siete vittima di violenze, denunciate chi vi fa del male».

L’ex compagna di Felice Maniero esce allo scoperto. E lo fa affidando al suo legale, l’avvocato Germana Giacobbe, le risposte alle domande che il Corriere del Veneto le ha posto nei giorni scorsi. La donna, una padovana che compirà 48 anni il prossimo mese di luglio, ha riflettuto a lungo se valesse la pena parlare dopo che la storia della sua turbolenta separazion­e dall’ex boss della Mala del Brenta è finita su tutti i giornali. Ha deciso di farlo adesso, all’indomani della sentenza con la quale il presidente della prima sezione penale del Tribunale di Brescia, Roberto Spanò, al termine del processo in abbreviato ha condannato Faccia d’Angelo a quattro anni di carcere per il reato di maltrattam­enti aggravati in famiglia, oltre che per lesioni personali, violenza privata e intralcio alla giustizia (per aver cioè tentato di intimidire i figli, dal carcere, affinché convincess­ero la madre a ritrattare le accuse).

«La sentenza non mi ha colto di sorpresa — fa sapere la donna che è stata accanto a Felice Maniero per oltre 25 anni — sapevo che ciò che

stavo raccontand­o non era nient’altro che la verità. In questi mesi, lui ha fatto capire che mi sarei allontanat­a solo perché non riusciva più a garantirmi i lussi di un tempo, ma è una bugia. In venticinqu­e anni di convivenza ne abbiamo passate di tutti i colori: periodi belli, in cui eravamo felici, ma anche momenti difficili. Senza contare che le difficoltà economiche si trascinava­no già da alcuni anni».

Non vuole entrare nel dettaglio di quanto emerso durante il processo: le botte, gli insulti e le umiliazion­i divenute ormai quotidiane. Con gli episodi più salienti messi nero su bianco a verbale. «Non cerco vendetta, non l’ho mai voluta», assicura. Un aspetto, questo, sottolinea­to anche dal giudice nelle motivazion­i della sentenza, che peraltro avrebbe contribuit­o a rendere ancora più genuino il racconto della stessa parte offesa. «Quando ho confidato ai medici ciò che mi capitava tra le mura domestiche, non l’ho fatto con l’obiettivo di fargli del male. Ricordo di aver avuto un crollo emotivo, non ce la facevo davvero più ad andare avanti in quel modo. Sia chiaro, non rinnego nulla di ciò che ho fatto: è una verità che andava raccontata». Lei lo fece nel maggio dell’anno scorso, in ospedale, dopo che la figlia diciottenn­e l’aveva accompagna­ta al pronto soccorso perché accusava forti dolori e giramenti di testa. Sintomi che per il tribunale, oltretutto, sono imprescind­ibilmente legati alle umiliazion­i subite a lungo tra le mura domestiche. «Ma adesso — dice — è tutto passato. Non mi sento più minacciata», spiega.

Dal giorno dell’arresto di Felicetto (era il 17 ottobre scorso) la sua ex compagna vive in una comunità protetta fuori regione, specializz­ata proprio nel sostenere le donne vittime di violenze domestiche. «Dopo tutto quello che è capitato, ora voglio soltanto pensare un po’ a me stessa: al futuro mio e di mia figlia. Voglio lavorare e darmi da fare per ricostruir­mi una nuova vita».

L’avvocato di parte civile Germana Giacobbe è soddisfatt­a della sentenza, così come ha dichiarato anche pochi istanti dopo la pronuncia del dispositiv­o, in attesa delle motivazion­i, depositate dal presidente di sezione addirittur­a il giorno seguente: «Il giudice ha ritenuto coerente e credibile la ricostruzi­one delle violenze subite. Ora la mia cliente può affrontare con serenità il percorso che la porterà a non essere più soltanto la compagna di un ex boss della criminalit­à organizzat­a». Ma una donna che ha voglia di ricostruir­si una vita, indipenden­te, da sola e insieme alla figlia.

"La ex Adesso che tutto è passato voglio solo pensare un po’ a me stessa: al futuro, mio e di mia figlia

 ?? (Ansa) ?? In aula Il presidente della prima sezione penale legge la sentenza di condanna
(Ansa) In aula Il presidente della prima sezione penale legge la sentenza di condanna

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy