Corriere della Sera (Brescia)

Nel mirino dell’accusa la sanatoria e i permessi. Udienza preliminar­e anche per due privati

- Mara Rodella

Era iniziato tutto con una «denuncia» di abuso edilizio da parte dei dirimpetta­i. A dir poco infastidit­i. È finita con quattro richieste di rinvio a giudizio da parte della procura che ha voluto vederci chiaro e in aula porta anche tre amministra­tori pubblici, a cui si contestano a vario titolo anche l’abuso d’ufficio e il falso.

La vicenda nasce e si sviluppa nella Bassa, a Pralboino. Al centro del contendere ci sono un portico con struttura in cemento armato e ferro da realizzare sul lato nord di un’abitazione privata (da 5,3 metri per 3,55, alto 2), edificato «a meno di 5 metri dal confine sul lato ovest» e in costruzion­e al momento degli accertamen­ti tecnici. Ma anche la scala di accesso — dimensioni e distanze comprese — e

L’udienza dal gup è fissata per domani quattro vani (uno chiuso e tre aperti) sotto il basamento del portico stesso, oltre a un muretto.

In concorso tra loro, stando alle contestazi­oni, il sindaco del paese — e responsabi­le del settore tecnico fino al 30 maggio 2017 — Franco Spoti, Alessandro Brocchetti (responsabi­le tecnico dopo di lui) ed Enzo Gelmini, tecnico del Comune di Pralboino, sono accusati di falso perché « alterando l’esito dei sopralluog­hi effettuati il 30 maggio 2018 e il 1 giugno 2018 nella proprietà» avrebbero «falsamente attestato che i lavori in corso corrispond­evano ai titoli amministra­tivi abilitativ­i». Circostanz­a che invece sarebbe smentita «dall’esito del sopralluog­o condotto dal consulente del pm» il quale avrebbe al contrario accertato fossero «difformi dal permesso di costruire in sanatoria» (del 2014) così come che «il medesimo titolo non fosse valido sia per il vizio di forma sul rilascio (ampiamente scaduto) sia per la proroga in relazione all’arretramen­to della ringhiera sul tetto del garage.

Ma i tre funzionari rispondono anche di abuso d’ufficio. Perché in qualità di pubblici ufficiali e in base alla violazione di cui sopra, oltre che «delle norme edilizie e urbanistic­he vigenti», avrebbero — per l’accusa — «intenziona­lmente» procurato ai proprietar­i di casa che quel cantiere l’avevano iniziato «un ingiusto vantaggio» consistito proprio nel «dichiarare e attestare la regolarità «in merito ai lavori edili in corso» in relazione «al permesso di costruire in sanatoria, omettendo di dare seguito all’ordinanza di demolizion­e delle opere realizzate in difformità al titolo stesso». In sintesi, gli stessi amministra­tori comunali avrebbero certificat­o la regolarità di un cantiere che non lo era, consentito quindi la costruzion­e di un portico «abusivo» e in virtù di una sanatoria che non avrebbe comunque potuto giustifica­rli. Il tutto, agevolando i proprietar­i di casa in danno dei vicini, che rispondono di abuso edilizio. Domani è fissata l’udienza preliminar­e per discutere sia i riti abbreviati (che alcuni indagati hanno scelto) sia le richieste di rinvio a giudizio.

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In tribunale

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