Rotta su Chiaravalle
L’antica abbazia cistercense è lo spettacolare punto di approdo dell’itinerario di Marco Mazzei «Dal Corvetto al Parco Vettabbia un tuffo tra spighe e papaveri»
Uno è un parco che, nonostante i suoi percorsi rurali e gli scorci da film, è ancora sconosciuto. L’altro è un parco che, nonostante il suo aspetto da signora di campagna e le vasche d’acqua, è ancora sottovalutato. Il primo, parco Porto di Mare, ha un lungo tratto sterrato che potrebbe minare le ruote delle bici, ma non è ghiaia pericolosa, è compatta e si fila veloci (o lenti) senza problemi anche con una modesta due ruote da città. Il secondo, parco della Vettabbia, ha un unico neo, non c’è ombra, poche piante e lontane fra loro, non è il caso quindi di avventurarsi sotto il sole cocente (verso l’ora del tramonto, ad esempio, i colori si accendono e le foto risultano più spettacolari). L’itinerario li lega insieme e aggiunge il fascino del passaggio in un borgo, Chiaravalle, che fa parte di Milano anche se sembra un pianeta distante, e di un lungo tratto fra campi di papaveri e spighe prima del rientro in città.
«In pochi punti del territorio che delimita Milano la sensazione di distacco dall’ambiente urbano è così forte e la natura così avvolgente», rimarca Marco Mazzei, presidente di Milano Bicycle Coalition, associazione che realizza progetti per la ciclabilità. Lo start è periferico, da piazzale Corvetto. C’è la ciclabile in via Omero, curva in via Osimo, dentro via Fabio Massimo e la città è già alle spalle. I primi prati che si attraversano (bici sulla stradina centrale asfaltata) sono quelli verdissimi e ordinati del parco Cassinis, pochi metri e il cielo scompare, ci si ritrova sotto i rami e le fronde degli alberi, in un bosco urbano. Silenzio rotto dal cinguettio degli uccelli, qualche airone, forse una cicogna, poi di colpo il paesaggio si apre e si pedala con davanti agli occhi solo il verde dell’erba, punteggiato di viola, blu, giallo, dei fiori spontanei. La salita arriva all’improvviso, coraggio (al limite si scende di sella e si spinge, il dislivello è poco), il premio è dietro l’angolo, ricompare il panorama rurale su cui si staglia il campanile dell’abbazia di Chiaravalle. «L’uscita dal Parco Porto di Mare e l’ingresso in quello della Vettabbia non è dei più sicuri, attenti alle auto che arrivano da entrambe le direzioni», avverte Mazzei.
Siamo a un bivio, occorre scegliere: si può entrare subito nel secondo polmone verde, oppure rimandare l’ingresso e compiere prima un giro a Chiaravalle. Il paesino si stringe intorno a un gomitolo di case e ha conservato intatta la sua allure, è un tuffo nel passato. Il parco della Vettabbia ha la vegetazione della pianura padana, con distese di campi e la fitta rete di rogge e canali, oltre alla serie di vasche di pietra, opera recente di land art.
L’abbazia di Chiaravalle (consiglio scontato: entrate) può essere il punto conclusivo dell’itinerario (poco più di dieci chilometri se si torna in Corvetto), oppure si può continuare, e sconfinare dentro via Vajano Valle («c’è un progetto, che noi appoggiamo, per vietarla alle macchine»), stradina che corre parallela ai campi del parco Agricolo Sud e riporta in città.
Non solo asfalto L’avvio, nel parco Porto di Mare, ha un lungo tratto sterrato, ma non è ghiaia pericolosa