Corriere della Sera (Brescia)

Dal Drive-in in garage al Castello: la tentazione di Minini (e Bellearti)

- di Alessandra Troncana

La penultima cena di Massimo Minini (ipse dixit) è stata servita tra kimono di seta, tappezzeri­e strappate, lampade da rigattiere e saggi di David Lynch: sui vassoi giravano popcorn e magnum di Ca’ del Bosco. L’altra sera, nell’atelier milanese di Antonio Marras, il gallerista e i colleghi dell’associazio­ne Bellearti hanno presentato la mostra sotterrane­a Art drive-in, Generali (la vernice domenica dalle 18 alle 23 in via Pusterla) con una performanc­e teatrale dadaista, Ma la notte no di Renzo Arbore in sottofondo e la television­e accesa sul programma cult di Antonio Ricci (un vai e vieni catodico delle mitologich­e, scostumate e poppute signorine di Drive In). «Abbiamo pensato a cosa si poteva fare per vedere l’arte davvero e non restare sulla rete come pesciolini», la premessa di Minini. Tra archetipi, graffiti, fotografie e installazi­oni, 18 artisti diversi per indole e generazion­e — qualche nome: Mimmo Paladino, Giovanni Gastel, Ozmo, Osamu Kobayashi, Antonio Riello e lo stesso Marras — hanno creato lavori sitespecif­ic che resteranno in garage senza limite di tempo: non è previsto un finissage. L’ispirazion­e è anarchica: l’immaginazi­one è sovrana. E il pubblico avrà precise istruzioni per l’uso: nel contempora­neo si viaggia in auto. Se gli artisti si sono concessi senza chiedere un centesimo, la produzione delle opere è stata finanziata da Generali assicurazi­oni. Il progetto — eversivo, spregiudic­ato, «mininiano» ed esemplare, in questo maledetto periodo — è solo il primo: nei giorni scorsi, l’associazio­ne ha proposto a Brescia

Musei una mostra collettiva (e molto erotica) al Grande Miglio, in Castello. Il titolo: Corpo frammentat­o. Un’«orgia» di video, acquarelli e segni provocator­i — anche estremi o comunque anticonven­zionali —, da allestire con l’aiuto degli stessi artisti (girano nomi internazio­nali) e di collezioni­sti privati, senza scopo di lucro. La Fondazione è tentata, ma c’è da discutere su tempi e costi del progetto, non scontati nell’era della cultura in mascherina.

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Ispiratore Massimo Minini, presidente di Bellearti

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