Marelli (UniBs): «Presto allarme disoccupazione»
«Gli effetti delle crisi economiche sull’occupazione sono sempre ritardati. Dieci anni fa la crescita della disoccupazione cominciò infatti nel 2011-2013. Perché all’inizio si usano gli ammortizzatori e poi arrivano i licenziamenti» spiega Enrico Marelli dell’UniBs.
Enrico Marelli è professore ordinario di Politica Economia all’università Statale di Brescia.
Professore, è possibile azzardare un confronto tra la crisi che ha colpito l’Europa dieci anni fa e l’emergenza di oggi?
«L’intensità innanzitutto. Nell’anno peggiore, il 2009, la caduta del Pil fu del 5,5 per cento. Quest’anno le previsioni più ottimistiche indicano un crollo del Prodotto interno lordo italiano del 9-10%, mentre gli outlook più pessimisti si spingono fino al meno 13 per cento».
Le ricadute sul lavoro? «Gli effetti sono sempre ritardati. Dieci anni fa la crescita della disoccupazione cominciò nel 2011-2013. Perché all’inizio si usano gli ammortizzatori poi arrivano i licenziamenti. Ha fatto scalpore il dato della disoccupazione di marzo all’8,4%, ben più basso del solito, ma si spiega con gli ammortizzatori e il divieto di licenziamento imposto dal governo. Senza contare gli scoraggiati, quelli che il lavoro non l’hanno nemmeno cercato. Nel 2009 la crisi aveva colpito soprattutto il lavoro dipendente e in piccola parte il lavoro autonomo. Questa volta ci sono ristoratori, negozianti e anche professionisti».
Tendenze di questo momento?
«Molte attività produttive sono ripartite ma abbiamo un problema di domanda: le persone non vanno al teatro o al ristorante, per paura o per problemi di reddito. E, come in ogni fase d’incertezza, il risparmio vince sul consumo».
Insomma, niente ripresa a V. Teme una situazione a L?
«Quella a L spero proprio
"Strategie Individuare le aziende più resilienti e investire nel digitale, sulla formazione e sulla sostenibilità ambientale
di no. Quella a V, la ripresa veloce, vediamo già che non c’è. Quella a U (si sta sotto un po’ma poi si riparte, ndr) è l’ipotesi prevalente». Suggerimenti?
«Fino a oggi il governo ha messo 80 miliardi. Ha dato ristoro alle persone colpite ma di politiche di sviluppo si è visto poco. Ora bisognerà individuare le imprese resilienti e più innovative da una parte e ragionare per settori dall’altra. Il digitale ovviamente, il green new deal, l’istruzione. E, ovviamente, la sanità».