Sesso con minorenne, sì alla perizia Slitta il verdetto al parroco sospeso
Nell’appello «bis» la Corte dispone accertamenti sulla capacità cognitiva della presunta vittima
Non è ancora finita. Non dopo una condanna in primo grado, confermata in secondo ma annullata dalla Cassazione che nei mesi scorsi aveva disposto si tornasse di nuovo in aula. La decisione arriva in serata. Nel processo d’appello «bis» la Corte ha disposto una perizia (mai fatta prima), come chiesto dal sostituto procuratore generale, affinché si valuti la capacità cognitiva — quindi di discernere la realtà — del ragazzino di origini straniere che all’epoca dei fatti aveva 14 anni (oggi è maggiorenne) il quale denunciò per violenza sessuale don Angelo Blanchetti, 60 anni, parroco di Corna di Darfo, in Valcamonica. Sospeso dalla Diocesi
dopo il suo arresto, è ai domiciliari dall’estate del 2016. In primo grado, al termine del processo in abbreviato, il sacerdote fu condannato a cinque anni, dopo la riqualificazione del reato in atti sessuali con minorenne: pena poi replicata in appello. Salvo poi essere annullata dalla Cassazione — su ricorso del difensore, l’avvocato Paolo Botticini — che ha rimandato gli atti a una sezione diversa della stessa Corte d’appello bresciana. L’udienza è stata aggiornata al prossimo 3 luglio, per il conferimento dell’incarico agli esperti.
Al don il ragazzino si era rivolto, dopo oltre un anno di assenza, per prepararsi al battesimo con le lezioni di catechismo. Lezioni che però, stando al suo racconto reso prima ai carabinieri e poi al pm, si sarebbero trasformate in incontri hard nella canonica. Rapporti consumati nell’arco di un paio di anni e una frequenza di almeno due volte al mese. Durante le perquisizioni, in fase di indagine, nell’abitazione del sacerdote gli investigatori pare abbiano trovato lubrificanti, profilattici, e la coperta trapuntata a fiori (come descritta dal ragazzino) che don Blanchetti sarebbe stato solito stendere sul pavimento prima degli incontri. «Se parli finirai all’inferno» avrebbe più volte intimato al ragazzino. Nel gennaio del 2017 fa la Diocesi stabilì in sede stragiudiziale un «ristoro» per il 14enne, finalizzato a sostenerne il percorso di studi. Ma l’avvocato del parroco, che ha sempre creduto nella sua innocenza, è andato avanti. Il processo d’appello «bis» riparte da una perizia, pur dopo anni, per valutare l’attendibilità delle dichiarazioni della presunta vittima.