Caffaro, via i veleni dalle vecchie cisterne
Il Tar respinge il ricorso della società contro il provvedimento della Provincia di sospensione dell’Aia
I rifiuti e i liquidi stoccati nelle vecchie cisterne arrugginite, che perdono veleni sul suolo, rischiando - ammesso che sia possibile — di peggiorare il livello di inquinamento nel sito Caffaro, devono essere spostati. E il «barrieramento idraulico» che garantisce che i veleni non raggiungano la falda, deve essere garantito e mantenuto a tutela della salute dei cittadini.
Sono questi, in estrema sintesi, i contenuti dell’ordinanza depositata il 17 giugno dal Tar, dopo la camera di consiglio dal presidente Angelo Gabbricci con i colleghi Alessandra Tagliasacchi, Elena
Garbari sul ricorso proposto da Caffaro Brescia srl contro la Provincia di Brescia e nei confronti del Comune di Brescia. La società, in sostanza chiedeva l’annullamento del provvedimento della provincia , la sospensione Aia notificata lo scorso 14 ottobre, in merito all’attività condotta nel reparto clorato. Caffaro chiedeva anche l’annullamento di tutti gli atti pregressi, tra cui le relazioni Arpa in cui si chiedeva «lo svuotamento e lo smaltimento dei rifiuti liquidi pericolosi contenuti nei serbatoi S1, S2, S3 e S4 area B del reparto clorato».
Le prescrizioni imposte dalla Provincia alla Caffaro sono, come evidenziato dai giudici, «attualmente adempiute, ad eccezione dello smaltimento dei rifiuti liquidi pericolosi per il quale è scaduto anche il nuovo termine (90 giorni) assegnato dall’amministrazione con provvedimento del 25 novembre 2019». Inoltre la società, come precisano i giudici, il 6 maggio ha presentato alla Provincia una istanza di proroga di 6 mesi dei tempi «di deposito temporaneo dei rifiuti nel luogo di produzione». Ma non solo, Caffaro il 5 giugno ha chiesto alla Provincia l’autorizzazione «al recupero/ utilizzo del fluido contenuto nei serbatoi» oggetto della querelle.
Per i giudici la situazione «reca un serio pericolo per l’ambiente, dato lo stato di vetustà e cattiva conservazione dei manufatti, ancorché rinforzati con gli interventi di consolidamento strutturale eseguiti in attuazione delle prescrizioni». Per i giudici è escluso che la «sospensione dell’attività del reparto clorato possa recare pregiudizio al mantenimento della barriera idraulica del Sin, richiamando il parere in cui Arpa ha evidenziato l’indipendenza della Mise «le acque di raffreddamento costituiscono la maggior parte delle acque prelevate dalla falda e possono continuare a circolare anche in assenza di attività di produzione effettiva senza che ciò comporti l’interruzione della barriera idraulica a protezione della falda». Soddisfazione per la Provincia e per il Comune di Brescia.