Corriere della Sera (Brescia)

Cabra: «Basta divi: largo ai giovani attori»

- Di Costanzo Gatta

Caustico, tagliente, documentat­o, lucido. Fausto Cabra, attore e regista nato a Ghedi, ha messo, nero su bianco, il suo pensiero sulla drammatica situazione dei teatranti italiani. Sia ben chiaro: teatranti come li intendeva Ilse, ne I giganti della montagna. La contessa attrice era orgogliosa di condivider­e le sorti dei compagni che portavano la poesia nel mondo. Niente lacrime da coccodrill­o per le persone (e sono tante) che il corona virus ha lasciato senza lavoro, ma piuttosto proposte serie e precise per tentare di risolvere il problema. Strali infuocati, non verso le imprese private che si arrabattan­o alla meglio, ma contro gli stabili che di questi tempi spendono denaro pubblico e non vanno oltre al monologo dell’attore che fa richiamo, mentre con quei soldi potrebbero aiutare una compagnia di giovani. Con un duplice risultato: dare lavoro ed avere proposte nuove, fresche.

Rabbia infine per la miopia generale. Nei prossimi mesi, almeno fino a quando non si troverà un vaccino che debelli il Covit 19, i teatri saranno disertati dalle persone anziane che—- a ragione o torto — si sentono più fragili. È tempo quindi di avvicinars­i — dice lui — ad un pubblico giovane e proporre temi che tengano conto dei loro interessi reali. Oggi, sulle scene italiane, almeno 50 titoli continuano ad essere riproposti in ogni salsa. Forse è tempo di ribaltare il repertorio. Operazione possibile superando i vecchi modelli di gestione del teatro, ascoltando non solo i burocrati, ma anche quanti hanno competenza per disegnare un progetto artistico.Cabra prospetta un nuovo ‘68 affermando che anche il pubblico dovrebbe far sentire la propria voce al momento di decidere le linee da seguire. Questo il j’accuse di Cabra; questi i tasti principali toccati dall’attore bresciano in una insolita esternazio­ne su Facebook che ha avuto numerosi placet. Cabra, nel constatare che su tutti gli attori s’è abbattuta una violenta tempesta, suggerisce di mettere al riparo gli arbusti più fragili e non le piante più forti. È buon senso. Queste potrebbero reggere le intemperie. Fuor di metafora il messaggio dice di aiutare chi rischia di non sopravvive­re alla bufera; altrimenti ce la faranno solo i divi che non hanno bisogno di visibilità. E qui Cabra — sotto sotto — la pensa come il Carducci quando biasimava gli epigoni del Manzoni che accettavan­o più incarichi e ben retribuiti: «Né io son peraltro un manzoniano che tiri quattro paghe per il lesso». L’attore arriva al concreto con una domanda: meglio una serata con il monologo di un artista dal cachet di 1500 euro o 15 brevi monologhi di altrettant­i giovani emergenti? Intuibile la sua risposta. La paga da 100 euro aiuta a sopravvive­re; al big non fa né caldo né freddo. Il sasso è lanciato. Cabra ha aperto un dibattito. Intanto — in cauda venenum — una triste previsione: tempi brutti per i giovani attori ma pure per il pubblico. Se le cose non cambiano nei teatri resteranno le centinaia di burocrati assunti, i pochi big dai cachet stellari e un pubblico di abbonati attaccati alla bombola d’ossigeno.

Il post su Facebook

Il regista si chiede se non sia meglio ingaggiare più attori emergenti per più spettacoli piuttosto che un solo e costoso grande nome

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