Aziende sicure, lo dicono i test
È il risultato dell’applicazione su larga scala del Protocollo sicurezza della Prefettura. L’incognita di settembre
Missione compiuta. Almeno per il momento. Il Protocollo sicurezza voluto dal Prefetto Attilio Visconti, messo a punto dall’Università Statale e condiviso (non senza difficoltà iniziali) dalle associazioni imprenditoriali e dalle sigle sindacali che ha di fatto alzato l’asticciola delle misure cautelari già contenute nel decreto governativo del 26 aprile scorso, ha centrato l’obbiettivo: cioè quello di evitare che il comparto manifatturiero si trasformasse in un centro di diffusione della pandemia. La conferma arriva dai risultati dei test effettuati dalle aziende — a loro spese e su base volontaria — in queste settimane: solo lo 0,4% di chi è tornato al lavoro dopo il 4 maggio è risultato positivo al Covid-19, mentre il 9% della forza lavoro ha sviluppato, pur in una condizione di generale asintomaticità, gli anticorpi necessari a difendersi dalla prima ondata pandemica.
Missione compiuta. Almeno per il momento. Il Protocollo sicurezza voluto dal Prefetto Attilio Visconti, messo a punto dall’Università Statale e condiviso (non senza difficoltà iniziali) dalle associazioni imprenditoriali e dalle sigle sindacali che ha di fatto alzato l’asticciola delle misure cautelari già contenute nel decreto governativo del 26 aprile scorso, ha centrato l’obbiettivo: cioè quello di evitare che il comparto manifatturiero si trasformasse in un centro di diffusione della pandemia.
Entrate scaglionate, controlli puntuali della temperatura corporea, guanti, mascherine, sanificazioni quotidiane, layout ridisegnati nei reparti per garantire adeguati distanziamenti: la riorganizzazione degli stabilimenti produttivi ha impegnato le parti sociali, ma ha permesso di riprendere a far girare le macchine, garantendo al contempo l’incolumità di tecnici, operatori e personale amministrativo. La conferma arriva dai risultati dei test effettuati dalle aziende — a loro spese e su base volontaria — in queste settimane: solo lo 0,4% di chi è tornato al lavoro dopo il 4 maggio — l’inizio della cosiddetta Fase 2 — è risultato positivo al Covid-19, mentre il 9% della forza lavoro ha sviluppato, pur in una condizione di generale asintomaticità, gli anticorpi necessari a difendersi dalla prima ondata pandemica. Alcuni esempi: in Beretta a Gardone V.T. su 800 dipendenti otto sono risultati positivi al tampone, ma tutti si sono rivelati asintomatici; alla Streparava di Adro su 400 test sierologici, 78 sono risultati positivi e di questi solo quattro hanno riscontrato positività al tampone, di cui tre asintomatici; all’Alfa Acciai, su mille tamponi tre i positivi; alla Leonessa di Carpenedolo sono stati effettuati 233 test sierologici, 13 i positivi ma tutti negativi al tampone; alla Cromodora di Ghedi non è stato riscontrato alcun caso.
«È il frutto delle regole che ci siamo imposti e che sono state rispettate con grande senso della responsabilità — sintetizza Giancarlo Dallera, presidente di Cromodora ed ex numero uno di Aib —. Le aziende bresciane si stanno rivelando nei fatti i luoghi più sicuri». Aggiunge Gabriella
Pasotti, presidente del Settore Metalmeccanica di Aib: «Gli imprenditori hanno investito importanti risorse per seguire il Protocollo della Prefettura, ad esempio da noi alla Leonessa effettuiamo sanificazioni quotidiane e acquistiamo mensilmente seimila mascherine e 20 mila paia di guanti. Ma il ritorno, grazie anche alla collaborazione dei sindacati, è evidente: abbiamo potuto ricominciare a produrre garantendo la giusta tranquillità alle famiglie dei nostri collaboratori. Da questo punto di vista il Covid è stata la leva per mettere al primo posto nelle aziende la cultura della protezione e per accelerare il processo di trasformazione digitale dell’organizzazione produttiva».
Basterà? La grande incognita è la possibile (probabile?) seconda ondata virale di ottobre. Il successo del Protocollo potrebbe infatti portare a un rilassamento che sarebbe controproducente e pericoloso: «Teniamo alta la guardia — dicono da Beretta — perché il problema non è affatto risolto e solo con l’impegno di tutti possiamo tenere il rischio a un livello accettabile».
Si tratta di una prima vittoria, poiché il virus potrebbe ripresentarsi questo autunno