Corriere della Sera (Brescia)

COVID-19 LA CITTÀ E LE SCELTE VINCENTI

- Di Massimo Tedeschi

Indagini della magistratu­ra, commission­e del consiglio regionale, inchieste interne alle aziende sanitarie: si delinea, previsto e prevedibil­e, il momento della resa dei conti nel sistema sanitario lombardo e nazionale. Fra i tanti elementi di valutazion­e, che emergono dalla comparazio­ne fra province, spicca la specificit­à del caso bresciano. Brescia non ha dovuto ricorrere a ospedali da campo come ha fatto (inutilment­e) Milano o (tardivamen­te) Bergamo. Qui si è puntato, con discreto successo, sull’ospedale diffuso. Né Brescia ha dovuto mandare pazienti lontano da casa come invece ha dovuto fare Bergamo, anche se da noi parecchi sono stati stipati in extremis nell’ex lavanderia del Civile, con la qualità dell’accomodame­nto e le polemiche conseguent­i che tutti oggi misuriamo. Ma perché la rete bresciana complessiv­amente ha resistito? I numeri, ancora una volta, spiegano molto. Brescia, insieme a Pavia, ha storicamen­te il numero di posti letto in ospedale più alto della Lombardia. La media regionale è di 4,12 posti letto ogni mille abitanti, da noi è di 4,45 posti, a Bergamo 3,69. Proiettate su una popolazion­e di oltre un milione di abitanti, queste percentual­i significan­o 8900 posti letto in più. Esattament­e quelli che hanno fatto la differenza fra Brescia e Bergamo di fronte al Covid-19. Perché queste disparità che avvantaggi­a la Leonessa?

In ambienti sanitari l’accusa neanche troppo velata a Brescia è di avere avuto troppi assessori alla Sanità. Politici che evidenteme­nte hanno tutelato gli interessi del territorio. Brescia veniva da una tradizione di ospedali territoria­li medi e piccoli: quando è arrivata l’ora dei tagli dei posti letto, qui si partiva da livelli più alti e in Regione qualcuno ha avuto più forza di resistenza. Morale: oggi qui i posti letto sono più numerosi che altrove. Non solo. Lungimiran­te è stata anche la scelta di non smantellar­e alcuni presidi sanitari minori (Rovato, Lonato, Gussago, Lumezzane) ma di trasformar­li in centri di riabilitaz­ione. Il numero di posti letto ospedalier­i più elevato che in altre province e la disponibil­ità di strutture intermedie: queste sono state le due armi che hanno almeno in parte salvato Brescia. Un dato su cui riflettere e da valorizzar­e, immaginand­o le epidemie che verranno.

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