COVID-19 LA CITTÀ E LE SCELTE VINCENTI
Indagini della magistratura, commissione del consiglio regionale, inchieste interne alle aziende sanitarie: si delinea, previsto e prevedibile, il momento della resa dei conti nel sistema sanitario lombardo e nazionale. Fra i tanti elementi di valutazione, che emergono dalla comparazione fra province, spicca la specificità del caso bresciano. Brescia non ha dovuto ricorrere a ospedali da campo come ha fatto (inutilmente) Milano o (tardivamente) Bergamo. Qui si è puntato, con discreto successo, sull’ospedale diffuso. Né Brescia ha dovuto mandare pazienti lontano da casa come invece ha dovuto fare Bergamo, anche se da noi parecchi sono stati stipati in extremis nell’ex lavanderia del Civile, con la qualità dell’accomodamento e le polemiche conseguenti che tutti oggi misuriamo. Ma perché la rete bresciana complessivamente ha resistito? I numeri, ancora una volta, spiegano molto. Brescia, insieme a Pavia, ha storicamente il numero di posti letto in ospedale più alto della Lombardia. La media regionale è di 4,12 posti letto ogni mille abitanti, da noi è di 4,45 posti, a Bergamo 3,69. Proiettate su una popolazione di oltre un milione di abitanti, queste percentuali significano 8900 posti letto in più. Esattamente quelli che hanno fatto la differenza fra Brescia e Bergamo di fronte al Covid-19. Perché queste disparità che avvantaggia la Leonessa?
In ambienti sanitari l’accusa neanche troppo velata a Brescia è di avere avuto troppi assessori alla Sanità. Politici che evidentemente hanno tutelato gli interessi del territorio. Brescia veniva da una tradizione di ospedali territoriali medi e piccoli: quando è arrivata l’ora dei tagli dei posti letto, qui si partiva da livelli più alti e in Regione qualcuno ha avuto più forza di resistenza. Morale: oggi qui i posti letto sono più numerosi che altrove. Non solo. Lungimirante è stata anche la scelta di non smantellare alcuni presidi sanitari minori (Rovato, Lonato, Gussago, Lumezzane) ma di trasformarli in centri di riabilitazione. Il numero di posti letto ospedalieri più elevato che in altre province e la disponibilità di strutture intermedie: queste sono state le due armi che hanno almeno in parte salvato Brescia. Un dato su cui riflettere e da valorizzare, immaginando le epidemie che verranno.