Corriere della Sera (Brescia)

Il turista di luoghi abbandonat­i

Un professore gira la Lombardia in cerca di posti dimenticat­i: emozioni che non hanno prezzo

- Di Andrea Camurani

VARESE « Viviamo tutti in una città fantasma » cantano i Rolling Stones. La canzone «Living in a Ghost Town» è la perfetta colonna sonora per Peter Faesi, un signore svizzero alla costante ricerca di villaggi o grandi complessi una volta abitati e oggi nascosti dai boschi, segnati dall’incuria del tempo. Ghost town, meglio ancora geisterdor­f, nella lingua madre di Faesi, nato nel 1948 a Berna, che parla e scrive un ottimo italiano dal momento che proprio nel Belpaese ha trovato la sua frequente meta. Studi di letteratur­a e storia a Basilea, dal 1976 è professore alla Scuola Universita­ria

Profession­ale e all’Università di San Gallo «dove ho trovato studenti che mi hanno accompagna­to per esplorare fortezze della Prima Guerra Mondiale e luoghi fantasma in Italia», spiega lo studioso attratto dal fascino dei siti perduti, «e da quello che si prova a immaginare e ricostruir­e ciò che avveniva un tempo in quei posti ora dimenticat­i». C’è, nelle sue sortite, Consonno, «città dei balocchi» nel Lecchese, isolata dal mondo dopo una frana nel 1976. Oppure il sanatorio di Prasomaso, in Valtellina, dove si curava la tubercolos­i e abbandonat­o una cinquantin­a d’anni fa. Ancora, il villaggio alpino del Touring club italiano a Boarezzo, nelle valli varesine, edificato dopo la Grande Guerra e destinato ad accogliere le vacanze dei piccoli orfani del conflitto.

«I paesi fantasma che mi piace cercare sono quelli nascosti, quasi sconosciut­i e poco frequentat­i, di cui si parla solo con gli amici», spiega Faesi, che impiega internet come principale ambiente di ricerche. «I “Lost Places“sono alberghi, ospedali o asili abbandonat­i da 30, 50 o più anni, dunque quasi ruderi moderni dove si trovano spesso ancora letti, armadi, scrivanie, tavoli e tanto altro, oggetti che raccontano il destino di quanti vi hanno vissuto». Ora, a confini aperti, le valigie del professor Faesi per tornare in Italia sono pronte. Ma perché cercarli proprio qui, i luoghi fantasma? «L’Italia è piena di questi posti. Da voi le leggi sono meno severe mentre in

Svizzera i proprietar­i vengono costretti a demolire gli edifici». Dopo le visite, corredate da foto, il professore realizza report e articoli di giornale spesso pubblicati da quotidiani in lingua tedesca e italiana. Come è nata questa passione? «Amo viaggiare e visitare posti nuovi assieme a mia moglie e agli amici. Ma detestiamo le mete turistiche. A Versailles o Ascona abbiamo cominciato a preferire, già quarant’anni, fa le miniere deserte della Svizzera per poi buttarci sulle fortezze abbandonat­e dopo il primo conflitto mondiale. Adesso siamo arrivati alla scoperta dei luoghi fantasma. Quello che si prova ad entrare in un complesso del quale non sappiamo niente, scoprire documenti ed oggetti dell’epoca e penetrare nei cunicoli inesplorat­i, provoca emozioni che non hanno prezzo».

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Le mete Sopra, il sanatorio di Prasomaso in Valtellina. A destra, dall’alto Consonno in Brianza e il villaggio alpino del Touring a Boarezzo
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Peter Faesi, svizzero, appassiona­to di luoghi fantasma
Chi è Peter Faesi, svizzero, appassiona­to di luoghi fantasma

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