Salumifici, l’Ats di Brescia non prevede tamponi ad hoc
«A Brescia non ci sono casi: niente analisi in più»
Al momento, nel territorio bresciano, non si contano casi positivi tra i lavoratori di salumifici, macelli e allevamenti suini. Pertanto l’Ats di Brescia non ritiene ci siano le condizioni per attivare uno screening preventivo nel settore suinicolo della provincia. A Viadana e Dosolo (MN), dopo i primi casi positivi, è partito un monitoraggio a tappeto. «Qualora sorgessero casi, sarà cura dell’Ats di Brescia intervenire rapidamente». Cauto anche l’assessore Fabio Rolfi: «Rischio simile ad altri luoghi chiusi». La preoccupazione in provincia rimane.
Il focolaio apparso in alcuni macelli e salumifici del Basso mantovano sembra domato, ma la campagna di tamponamenti ha fatto emergere 68 lavoratori positivi al Covid. La provincia di Brescia, che conta 1,3 milioni di suini allevati, non presenta alcun caso di Covid in questo settore, ma la preoccupazione rimane. «Va sottolineato che non sussiste trasmissione del Covid tra suini e umani e tra suini ed altri animali» spiega l’Ats di Brescia. L’ipotesi, infatti, è che il virus sia stato portato nei macelli da personale esterno e che si sia propagato per le basse temperature. Ma, data la vicinanza di Mantova con Brescia, perché non prescrivere a livello preventivo dei tamponi random in allevamenti e salumifici bresciani? Per l’Ats di Brescia non serve: «Ad oggi sul nostro territorio non sono stati riscontrati casi in macelli, allevamenti di suini o salumerie, pertanto – rispondono – non è stata attivata alcuna indagine. Qualora sorgessero casi, sarà cura dell’Agenzia intervenire rapidamente per circoscrivere ogni focolaio». È vero che la provincia di Brescia non ospita alcun macello industriale, ma la lavorazione della carne viene fatta anche in tanti salumifici. Quasi sempre piccole realtà artigiane, dove il rispetto della procedura anticontagio – dall’uso delle mascherine alle misure igieniche – potrebbe essere più debole che in grandi aziende. Ma per l’Ats il dubbio non esiste: «Tutti gli stabilimenti che trattano alimenti di origine animale hanno sviluppato procedure per contenere il rischio di contagi». Che non servano tamponi nei salumifici di Brescia lo dice anche l’assessore regionale all’Agricoltura Fabio Rolfi: «Il programma di screening e monitoraggio è già attuato
"Rolfi Non criminalizzerei questo settore, il rischio è pari ad altri luoghi dove si lavora al chiuso
dall’Ats. Non criminalizzerei il settore suinicolo, che è già in sofferenza. Il rischio nei macelli — dice — è pari a quello di altri luoghi di comunità, dove si lavora al chiuso. L’importante è adempiere ai protocolli». Intanto, una possibile nuova minaccia si profila all’orizzonte. Pochi giorni fa in Cina hanno scoperto un altro virus – simile a quello dell’influenza H1N1 – che ha «usato» il maiale per evolvere e passare all’uomo. Non è il Covid, ma l’Oms ha già acceso i riflettori sul problema.