Il regno della creatività
Nello spazio ex industriale di via Ceresio tutte le opere del premio Compasso d’Oro dalla Ferrari SP1 alle lampade Tolomeo
Un immenso spazio industriale degli anni ’30 all’incrocio tra via Ceresio e via Bramante, un tempo deposito di tram a cavallo e poi impianto di distribuzione dell’energia elettrica, da un anno è la nuova sede dell’ADI Design Museum, il «luogo dei luoghi» del design italiano. Uno spazio di 5 mila mq (3 mila solo per le esposizioni) riprogettato da Giancarlo Perotta, Massimo Bodini e Carlo Valtolina per esporre al pubblico più di 2 mila pezzi frutto della creatività applicata al quotidiano. Sono gli oggetti che, dal 1954 a oggi, hanno vinto il Compasso d’Oro, il prestigioso premio nato da un’idea di Gio Ponti, disegnato da Albe Steiner e realizzato a Marco Zanuso e Alberto Rosselli: dalla Ferrari SP1 ai giocattoli di Bruno Munari, dal telefomuseo no Grillo di Marco Zanuso alla caffettiera 9090 di Richard Sapper per Alessi e alla lampada Lola, disegnata da Alberto Meda e Paolo Rizzato per Luceplan. La collezione permanente (con le mostre temporanee, in corso una dedicata a Olivetti) è un viaggio nella storia e nel costume del nostro Paese.
«Perché un frullino, una macchina per cucire o un tombino in un museo? Perché sono gli oggetti che, in modi diversi, hanno contribuito a cambiare la nostra vita e lo hanno fatto nel modo più funzionale e innovativo, rappresentano il meglio del design made in Italy», racconta Luciano Galimberti, presidente dell’Adi Museum. «Questo museo è un luogo di scoperta per il grande pubblico e per gli studenti, un vivo, esperienziale, e uno spazio di incontro per la comunità del design, oltre che la sede della commissione del premio e di numerose iniziative trasversali e incontri internazionali. Eventi che hanno l’obiettivo di diffondere e valorizzare la cultura del design». La storia di questo premio è interessante già a partire dall’oggetto: un compasso a tre punte che non fa cerchi ma serve per misurare la sezione aurea (il famoso rapporto di 1,618 della scuola di Pitagora), cioè «l’armonia divina» delle proporzioni amata per la sua perfezione da matematici, artisti e da architetti. In 68 anni il Compasso d’Oro è stato assegnato a 350 oggetti (e, di conseguenza, a chi lo ha disegnato anche se, spesso, la popolarità del prodotto supera quella del suo creatore). «Le edizioni però sono state in tutto solo 27 perché il premio, che inizialmente era ospitato nei grandi magazzini la Rinascente, diventa triennale e, per 9 anni, dal 1969 al 1978, viene sospeso: era un momento storico in cui iniziative del genere venivano fortemente messe in discussione. Oggi siamo invece assestati su una cadenza biennale, l’ultima edizione si è tenuta lo scorso 20 giugno, e questo comporta che il nostro osservatorio permanente di 150 esperti divisi tra commissioni territoriali e tematiche sia già al lavoro per arrivare, tra due anni, ai 250 prodotti da sottoporre a una giuria internazionale che dovrà sceglierne 20».
Tanti i personaggi che lo hanno vinto più volte: Enzo Mari cinque, una per la sedia Tonietta, Michele De Lucchi quattro, la prima per le lampade Tolomeo per Artemide, Richard Sapper 10 (uno per il computer portatile Leapfrog di IBM) più uno alla carriera. «Oggetti che contribuiscono a comporre un archivio sistematico della storia materiale del nostro Paese e dei suoi tanti cambiamenti: dall’oggetto singolo al sistema modulare, da quello fisso al trasportabile, dalle tinte fluo al nero fino al colore naturale. Una fotografia del nostro tempo».