Cantù, il corteo degli islamici «Ci è negato il diritto di pregare»
In mille alla manifestazione. L’immobile adibito a moschea è stato sequestrato
CANTÙ (COMO) Protesta degli islamici a Cantù contro la confisca all’Associazione Assalam del capannone usato come moschea e centro culturale. «Corteo libertà di culto», il nome della manifestazione, alla quale ha partecipato un migliaio di persone. Numerosi gli enti, le associazioni, gli esponenti politici dell’opposizione e i cittadini che hanno risposto all’appello degli organizzatori: « Chiediamo alle persone di buona volontà di darci sostegno e aiuto in una battaglia di civiltà per la libertà di culto». Striscioni, cartelli e bandiere italiane con il testo dell’articolo 19 della Costituzione: «Tutti hanno diritto di professare liberamente la loro religione».
Il capannone di via Milano, di proprietà dell’Associazione islamica Assalam, è da anni al centro delle polemiche. L’immobile non è destinato alla preghiera e, dopo una lunga contesa legale, il Consiglio di Stato ha stabilito che non può essere utilizzato come luogo di culto. Il Comune è pronto a procedere con l’acquisizione al patrimonio pubblico della struttura. Una decisione impugnata dai proprietari, che chiedono all’amministrazione comunale di riaprire il confronto. «Abbiamo acquistato il capannone con grandi sacrifici e solo dopo aver avuto la conferma che si potesse legalmente praticare il culto», ripetono i responsabili dell’Associazione Assalam. La polemica è approdata in Consiglio comunale. Numerosi gli esponenti dell’opposizione che hanno sostenuto la manifestazione degli islamici. «A Cantù, da troppi anni c’è un’associazione cui il diritto di pregare è negato — attacca il consigliere
Vincenzo Latorraca —. Al di là delle questioni giudiziarie, occorre che la città affronti il tema dei diritti negati. Assalam ha organizzato un corteo per la libertà di culto e non contro il Comune. Chiede di riaprire il dialogo». «In nessuna sede ed in nessuna circostanza è stata messa in discussione la libertà di culto di alcuno — le parole della sindaca leghista di Cantù Alice Galbiati —. Piuttosto, in questo caso la libertà di culto è strumentalmente utilizzata per confondere il piano della discussione e giustificare la violazione della legge italiana. C’è una decisione del Consiglio di Stato».
È intervenuto anche il sottosegretario all’Interno, Nicola Molteni. «In Italia, e quindi anche a Cantù, il diritto di manifestare, di dissentire o di pregare è garantito, consentito e legittimo, previsto dalla Costituzione ma ciò deve avvenire nel pieno rispetto della legge. La legge ha ritenuto che l’ex moschea di via Milano fosse abusiva, aggiungendo che l’immobile deve passare nella proprietà dell’ente locale. Nessuno nega il diritto di culto, ma nessuno può autodeterminarsi alla preghiera tramite una moschea senza autorizzazione e in violazione della legge».
Acquistato dai musulmani, confiscato da una sentenza del Consiglio di Stato