Il Natale si tinge di giallo con Arthur Conan Doyle
a vita è infinitamente più bizzarra di qualsiasi fantasia l’uomo possa concepire»: una dichiarazione provocatoria di Arthur Conan Doyle — tratta da “Le avventure di Sherlock Holmes”, la raccolta edita in inglese nel 1892 e illustrata da Sidney Paget — la dice lunga sulla sua fortuna, sullo sguardo ironico e disincantato del romanziere, sul metodo di scrittura. Il trucco è assumere la vita, con i suoi aspetti di mistero e assurdità come un canovaccio e trasformarla in capolavoro letterario. È questo il filo rosso dei cinque racconti (redatti negli anni 1883-1887) per la prima volta raccolti e tradotti a cura di Franco Lonati, esperto di Letteratura vittoriana, e illustrazioni di Maria
Lojacono, diplomata in fumetto alla Scuola Internazionale di Comics, nella collana “Parola dell’arte” di Morcelliana con il titolo “Un Natale eccitante e altri racconti”. La trama funziona, è avvincente a ogni pagina con colpi di scena, perché la finzione attinge alla biografia dello scrittore al bivio tra una precaria carriera medica e l’incontenibile passione per la scrittura, con spunti rocamboleschi. Il successo, inatteso, è alle porte: proprio nel Natale del 1887, l’anno in cui pubblica su “The Boy’s Own Paper” l’ultima di queste storie, esce sul “Beeton’s Christmas Annual” il racconto d’esordio di Sherlock Holmes e della sua mitica spalla, Watson, che sancirà la popolarità di Doyle. L’elegante
traduzione e la scelta architettonica che in questa edizione amalgama parole e immagini valorizzano, da una parte, lo sviluppo narrativo — la stesura della tesi scientifica e gli esperimenti esplosivi, le trovate di un talentuoso medico e i racconti marinareschi, montani e amorosi, ma anche la storia di un aspirante scrittore — e, dall’altra, la caratterizzazione dei personaggi, i dialoghi, le singole nuances, secondo l’idea che le “piccole cose sono infinitamente le più grandi”. Uno stile narrativo brillantemente interpretato da Maria Lojacono attraverso una cinquantina di disegni: si alternano tratti retrò, onirici, giocosi; tagli delle immagini “a vivo” che si aprono su due pagine, o collocate in riquadri tradizionali, o, ancora, minuscole inquadrature: una cornice, un ritaglio di tappezzeria, un titolo di giornale, e, per ultimo, due scatti di fotografie d’epoca, quasi a indicare metaforicamente lo sguardo del lettore che rallenta per afferrare il dettaglio o del narratore che salva nella scrittura un particolare. Un libro da leggere in famiglia, da regalare, da collezionare; per Natale, per gli amanti del “giallo” e della letteratura inglese. Si tratta di storie avvincenti, ben congegnate e ricche di spunti autobiografici, in cui affiora già l’eccezionale talento narrativo dell’autore e l’inclinazione verso il giallo, di cui Doyle diverrà maestro.